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Cronaca Centro / Murazzi del Po Ferdinando Buscaglione, 14

Lancio della bici ai Murazzi di Torino: "I ragazzi sapevano di colpire uno o più bersagli umani"

Così il giudice ha motivato la condanna di tre minorenni per il ferimento gravissimo dello studente Mauro Glorioso

I cinque ragazzi che la sera del 21 gennaio 2023 scagliarono una bici di 20 chili dalla balaustra dei Murazzi di Torino agirono "in difetto di qualsivoglia motivo, sulla base della pura casualità, il che per certi versi aggiunge ulteriore preoccupazione e allarme sociale, disvelando un vuoto stagno di valori sottostante". Lo scrive il giudice Maria Grazia Devietti Goggia nelle motivazioni della sentenza con cui a settembre ha giudicato i tre minorenni responsabili di tentato omicidio, condannandoli rispettivamente a nove anni e sei mesi (il più grande), nove anni e quattro mesi (l’allora 15enne) e sei anni e otto mesi (la ragazza allora minorenne). Quel gesto è costato una prognosi irreversibile allo studente di medicina palermitano Mauro Glorioso, che a causa delle lesioni dovrà passare il resto dei suoi giorni in sedia a rotelle.

Quella sera Glorioso era stato colpito mentre era in fila insieme ad alcuni amici per entrare al The Beach: subito si era accasciato a terra per "l’esplosione immediata delle vertebre" cervicali. "Il delitto è rimasto allo stadio di tentativo unicamente per fatto casuale", si legge nel provvedimento: i ragazzi sapevano "di colpire uno o più bersagli umani, pienamente rappresentandosi" che "per effetto della loro condotta li avrebbero esposti a eventi alternativi quali la morte o un ferimento gravissimo". Per questo il giudice ha ritenuto provato il dolo alternativo, ovvero l’atteggiamento di chi accetta di provocare sia la morte, sia un danno grave in conseguenza del proprio comportamento illecito.

Quel sabato sera il gruppo aveva trascorso alcune ore in compagnia nei locali del centro città. Arrivati sul lungoPo Cadorna, alcuni si erano cimentati in un lancio di bicchieri in direzione delle persone che affollavano i Murazzi, seguito da sputi. Il loro comportamento era culminato nel lancio della bici elettrica. In quel contesto anche gli sputi non possono considerarsi innocui: secondo il giudice furono "accorgimenti esplorativi" e servirono "ad accrescere la possibilità di visuale sottostante e quindi selezionare i bersagli con accuratezza", "per verificare la destinazione e il buon esito di quello che sarebbe stato l’imminente lancio".

Dopo il gesto, tutti e cinque avevano preso l’ultimo autobus e prima di tornare a casa si erano fermati a comprare degli snack in un negozio di distributori automatici aperto ventiquattr’ore. Erano stati arrestati pochi giorni dopo, incastrati dai filmati delle telecamere di sorveglianza. Quei frame, scrive il tribunale, mostrano una "radicale assenza di un pur minimo segnale di dissociazione", anzi: sia nell’autobus, sia nel locale aperto h24 regnava un "clima euforico e rumoroso", con le ragazze che scherzavano e si mettevano in posa.

Il giudice dedica molte righe anche al contegno processuale degli imputati, difesi dagli avvocati Domenico Peila, Michele Ianniello e Annalisa Baratto: i loro racconti, si legge, sono stati "intrinsecamente oscillanti, grossolanamente falsi, contraddittori, marcatamente reticenti o menzogneri", puntellati di narrazioni "farraginose e artefatte". Tutti hanno tenuto un "comportamento processuale che aggiunge offesa a offesa, avendo mostrato di ritenere quanto causato al giovane alla stregua di un incidente" e "non hanno minimamente maturato una riflessione seria sull’accaduto".

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