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Il vitello tonnato all’inizio non aveva maionese. E neppure tonno

Diventato un must negli Anni Ottanta e oggi di nuovo assai in voga, all’inizio non aveva traccia di pesce e salse all’uovo, aggiunte più tardi. Come è evoluta la ricetta e come la vedono oggi gli chef. Ma anche i gelatieri e i pizzaioli

In giorni di pranzi e cene festivi, vi viene voglia di preparare il vitello tonnato: oltre a un buon taglio di magatello, cos’altro dovete accertarvi di avere in dispensa? Il tonno e gli ingredienti per la maionese, verrebbe da pensare. Sbagliato. O non del tutto corretto, almeno stando alla versione “originale” della ricetta. Che prende il via in Piemonte — per la precisione nel cuneese — già nel Settecento, ma che è stata formalizzata da alcuni autori… di Milano. La storia e le sue interpretazioni moderne, che la vedono anche sulla pizza e nel cono.

Il vitello tonnato di Guido da Costigliole

Le origini del vitello tonnato… senza tonno

Detto anche vitel tonné, la fama di questa ricetta — buona come inizio pasto, oppure come secondo, e particolarmente gradita durate le feste — è diventata nazional-popolare negli Anni Ottanta. Insieme al repertorio a primo acchito “esotico” di pennette alla vodka, insalata russa e cocktail di gamberi. Ma la sua storia è più antica e, se vogliamo, controversa di così. Partiamo dal nome: invece che la presenza del tonno, che nei primi esempi non era proprio contemplato, “tonné” deriverebbe dal francese tanné, ovvero “conciato”. A indicare la lavorazione della carne di vitello, che nella zona di Cuneo, già dal Settecento, reimpiegava gli avanzi dell’arrosto condendoli e mettendoli sott’olio.

Un piatto di vitello con salsa tonnata

Proprio come si fa con il tonno. Lo spiega lo storico della gastronomia Luca Cesari in un articolo su La Repubblica: il “Vitello ad uso tonno” è descritto per la prima volta nel 1829, con un’emulsione di soli olio e limone, sul Nuovo cuoco milanese economico di Felice Luraschi. Un autore addirittura meneghino. Lo stesso che riporta l’aggiunta della salsa di acciuga nella seconda edizione del 1853, tirando in ballo un ingrediente caro ai Piemontesi grazie ai flussi col litorale ligure e francese (avete presente la bagna càuda? Ne è il trionfo). Del tonno, fino a quel punto, ancora nemmeno l’ombra.

Il vitello tonnato de La Piola, Alba

L’ingresso di tonno e maionese nella ricetta del vitello tonnato

Scorre il XIX secolo e il tonno in lattina diventa comune e abbordabile, conquistando — finalmente — anche il piatto dal nome già evocativo. Lo conferma un cuoco torinese? In realtà no; anzi, c’è di nuovo una mano lombarda. Quella del dermatologo Angelo Dubini, che ne racconta tre versioni ne La cucina degli stomachi deboli (1857), di cui una a base di pesce sott’olio. Da allora la strada è spianata verso versioni affini all’odierna, con il gastronomo Pellegrino Artusi che nell’edizione datata 1900 passa alla “salsa tonnata” a base di acciughe, tonno, capperi, prezzemolo, tuorli d’uovo sodo, il tutto ammorbidito da olio e succo di limone.

Vitello tonnato

Ma ve ne sarete accorti: non abbiamo ancora parlato di maionese. Questo perché, fino alla ricetta del ’50 del Cucchiaio d’Argento, nessuno l’aveva ancora accostata (ufficialmente) alla beneamata salsa. Occorre però fare un passo indietro, citando nuovamente Cesari: il “Vitello a tonno” (la versione à l’ancienne priva di pesce), aveva già accolto la maionese in una ricetta su Il re dei cuochi nel 1880. Chiarezza è fatta.

Il vitello tonnato nelle interpretazioni degli chef

Molti, moltissimi, sono gli chef si cimentano con il vitello tonnato, nella sua veste classica o da punti di vista alternativi. C’è la versione “filologica” dell’Osteria Antiche Sere di Torino e “il” vitello tonnato della famiglia Alciati di Guido da Costigliole. Poi quella con capperi “extra” de La Piola, l’osteria del tristellato Piazza Duomo di Alba e l’interpretazione di Matteo Baronetto al torinese Del Cambio, che per un periodo l’ha servita in sequenza con o senza maionese. Poi il “vitello e tonno” datato 2009 di Marcello Trentini al Magorabin, nonché numerosi esempi fuori dal capoluogo.

Focaccia con vitello tonnato di Dry, Milano

Hanno messo ad esempio al centro il tonno — in rovesciamenti linguistici e non solo — i tristellati Heinz Beck e Antonino Cannavacciuolo, che l’hanno rispettivamente servito grigliato con gelatina di vitello alle erbe e crudo con fondo bruno di carne. Una deviazione per il vitello tonnato più famoso di Milano, ovvero quello di Diego Rossi da Trippa, e infine qualche proposta insolita: nella stessa città, alla pizzeria Dry ci hanno condito una focaccia con polvere di capperi, mentre Stefano Guizzetti, nelle sue gelaterie Ciacco di Parma e Milano, lo propone addirittura sul cono.

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