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Il Teatro si mobilita contro l'ingiunzione di sfratto e lancia una raccolta fondi: "Ma il problema è il sistema"

Aperto da 12 anni

Damiano Privitera l'allarme lo aveva lanciato con largo anticipo, già prima che scoppiasse la pandemia di covid-19: "il Teatro del Lavoro di Pinerolo rischia di chiudere", aveva annunciato a settembre dello scorso anno. Da quel giorno era iniziato un dibattito che aveva portato a un confronto pubblico con cittadinanza e amministrazione comunale. 

Al centro del discorso le politiche culturali che avevano portato negli anni a una drastica riduzione dei contributi economici per una struttura che, non organizza solamente rassegne e spettacoli, ma fa soprattutto formazione e concede spazi a giovani artisti e compagnie teatrali che fanno ricerca artistica. Un po' come in ambito scientifico, dove i giovane studiosi si affidano alle università per poter studiare i progetti che portano al progresso in ambito medico, tecnologico e così via. 

Il Teatro del Lavoro però non è un'università, ma una struttura privata, riconosciuta in ambito internazionale, che spicca per la propria vocazione per il teatro di figura e che ha dovuto fare i conti con il progressivo disinteresse dell'amministrazione pubblica che ha disinvestito in cultura per investire in intrattenimento. Se non bastasse a dare la botta finale a questo presidio territoriale è arrivato il covid e a stretto giro un'ingiunzione di sfratto. 

Quel che non ti uccide ti fortifica, avranno pensato Damiano Privitera e le sue figlie e così è nata l'idea di lanciare sul web una raccolta fondi per tentare di salvare il savabile: "L'idea della raccolta fondi ci è venuta quando abbiamo ricevuto l'ingiunzione di sfratto, ma noi con questa azione non vogliamo solamente cercare risorse, ma vogliamo sensibilizzare sul problema dei teatri di prossimità, quelli piccoli e privati. Strutture che sono state messe in estrema difficoltà dalla pandemia di covid-19", racconta Damiano. 

La risposta da parte degli utenti, cittadini e amici è stata caldissima e in cinque giorni sono stati raccolti 2.400 euro: "Il problema di fondo non possiamo risolverlo con una raccolta fondi. In Italia i teatri di prossimità, quelli piccoli, non hanno proprio aperto per via delle misure di sicurezza che non hanno dato la possibilità di farlo", racconta Privitera riferendosi al fatto che una struttura privata che non gode di finanziamenti non può sostenere le spese di gestione se, a fronte di una capienza di 100 posti ne può far entrare solamente un terzo. E poi ci sono i costi di sanificazione. 

Cosa non ha funzionato? "È chiaro che qualcosa non ha funzionato. Questa crisi ha messo al tappeto tutti, la cosiddetta filiera del lavoro dello spettacolo è crollata. Ci vorrebbe una rivoluzione di sistema che si avvicini un po' al sistema culturale francese che crea presidi culturali riconvertendo strutture come il Teatro del Lavoro. In questo modo si consoliderebbe una struttura culturale di base che potrebbe produrre talenti e percorsi di ricerca culturale", conclude Damiano Privitera. Un sistema, quello culturale, che è dopo il covid è rimasto nudo svelando falle che negli anni sono diventate sempre più grandi. 

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