"Mio fratello, Giuseppe Abbattista, a 28 anni ha scelto di togliersi la vita. Su quel dolore è stato necessario costruire qualcosa di utile per gli altri", a dirlo è Raffaele Abbattista e lo ha fatto il giorno in cui a Torino viene istituito l'Osservatorio Nazionale sui Suicidi. Uno strumento che nasce dalle ceneri di una tragedia familiare.  

Il suicidio fa paura ed è per questo che di questo tema si parla poco e spesso se ne parla male. I dati però sono violenti. Solo nel 2019 in Piemonte si sono tolte la vita 339 persone, mentre in Italia sono state 4.000: "Se pensiamo al fatto che nel mondo i suicidi sono stati un milione, ovvero uno ogni quaranta secondi, vuol dire che in ogni istante qualcuno si sta togliendo la vita. I motivi sono tantissimi e la ricerca sta facendo un lavoro incrdibile, però è evidente che manca la sensibilizzazione da parte della società".

"Parlare di suicidio è complesso, provoca vergogna", spiega Abbattista, "Con il centro studi che stiamo lanciando vogliamo creare un luogo fisico che si veda, dove mettere, un mattone dopo l'altro, la consapevolezza che il suicidio esiste. Questo è un fenomeno che va contrastato facendo luce sul buio che genera il suicidio".

"Noi contrastiamo qualsiasi cosa con la conoscenza", continua Abbattista, "Dobbiamo entrare nella società comune e parlare di cosa succede a una persona che arriva al suicidio. Sono diverse le sensibilità che possono provocare il suicidio e dobbiamo entrare nell'ottica di conoscere questo termine perché quando non conosciamo generiamo la clausura che provoca le cose. Noi dobbiamo fare in modo che la gente possa chiedere aiuto, uno non si deve vergognare di chiedere aiuto".

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