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Call Center, protesta sotto la prefettura: 4.000 lavoratori piemontesi chiedono maggiori diritti

Chiedono ammortizzatori sociali e formazione

Sono circa 4.000 i piemontesi che lavorano all'interno di un call center. Uomini e donne che non fanno parte, come spesso erroneamente si pensa, di quell'immenso esercito di persone che vedono in quell'impiego un passaggio professionale per entrare nel mondo del lavoro adulto. "Chi lavora nei call center ad oggi ha un'età media che oscilla tra i 35 e i 40 anni. Persone per le quali perdere il lavoro può essere un vero e proprio dramma" - spiega Andrea Borgialli della CISL. 

I sindacati CGIL, CISL e UIL hanno parlato del futuro dei lavoratori del settore durante un incontro che si è tenuto questa mattina, lunedì 14 ottobre, presso il Ministero del Lavoro: "Da affrontare c'è la questione degli ammortizzatori sociali. Questo settore per il Paese è stato un grande ammortizzatore sociale, ma è chiaro che, anche per il numero dei dipendenti, non può più reggere. È un settore che si sta andando ad assottigliare e per questa ragione chiediamo che anche per questi lavoratori ci sia la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali ordinari" - ha commentato Ivan Corvasce della CGIL. 

E poi c'è il tema della formazione perché le professionalità di chi oggi opera all'interno di un call center devono essere messe al pari con i tempi e dunque anche con le nuove tecnologie che potrebbero cambiare quello che è il loro metodo di lavoro: "Per noi il tema della formazione è centrale e stiamo cercando di affrontarlo anche in sede di rinnovo del contratto nazionale di lavoro attraverso la creazione di un fondo di settore che avrebbe lo scopo di supportare questa formazione in veste. È importantissimo che su questa partita intervenga il Governo assegnando dei fondi" - commenta Federica Balestri della UILCOM.

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