Non sono bastate le 19.000 firme raccolte a sostegno del Goethe Institut di Torino e non sono bastati neppure gli sforzi del mondo politico e commerciale torinese: dalla mezzanotte di ieri - mercoledì 31 gennaio - la scuola di lingua e cultura tedesca con sede in piazza San Carlo ha definitivamente cessato di esistere dopo 70anni di attività. Per tentare di non fare spegnere i riflettori su questa vicenda e sul futuro prossimo delle 18 insegnanti che vi lavorano dentro questa mattina - giovedì 1 febbraio - è stato organizzato un flash mob durante il quale sono stati srotolotati alcuni striscioni dalle finestre della sede. In molti i torinesi che si sono fermati a solidarizzare con le lavoratrici e i lavoratori.  

"La direzione centrale di Monaco ha definito la decisione ‘irrevocabile’ per ragioni ‘riorganizzative’", si legge in una nota, "Questo nonostante i tentativi di mediazione portati avanti da esponenti politici torinesi e non solo, l’offerta di contribuire fattivamente alla gestione dei costi da parte della regione, la creazione di un comitato in difesa dell’istituto e le quasi ventimila firme, raccolte per esprimere il proprio dissenso con una petizione online, di insegnanti, studenti, amanti del tedesco e della cultura o semplici cittadini preoccupati di perdere un pezzo di storia così importante: il Goethe Institut era parte della vita culturale della cittá, il secondo a essere aperto nel mondo e il primo in Italia. Ha ospitato fra i suoi studenti anche Primo Levi. Ha invitato e accolto esponenti di fama mondiale della filosofia, dell’arte, della musica, della danza, della letteratura tedesca e italiana e della cultura tutta, fra i quali Jūrgen  Habermas, Christa Wolf, Pina Bausch, Karlheinz Stockhausen, Dario Fo e Gianni Vattimo. Vedere chiudere le sue porte oggi è per noi tutti doloroso e inconcepibile".