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Arrestata Nicoletta Dosio, dura protesta di un gruppo di attivisti No Tav

Aveva rifiutato misure alternative

È stata arrestata nel pomeriggio di oggi, lunedì 30 dicembre 2019, Nicoletta Dosio, 73 anni, leader del movimento No Tav. I carabinieri della compagnia di Susa (lei abita a Bussoleno) le hanno notificato la sospensione delle misure alternative dopo la condanna a un anno di reclusione per un episodio avvenuto durante una protesta contro la Torino-Lione del 2012. In quell'occasione un gruppo di manifestanti aveva aperto le sbarre di un casello dell'autostrada Torino-Frejus, causando danni alla Sitaf, società che gestisce la tratta.

Dosio era stata condannata per violenza privata e interruzione di pubblico servizio ma aveva sempre dichiarato di non voler chiedere misure alternative come i domiciliari e di essere pronta ad andare in carcere.

Durante il suo arresto ci sono stati momenti di tensione con gli attivisti No Tav, circa una cinquantina. Alcuni hanno accerchiato l'auto dei carabinieri.

Il video è tratto dal profilo Facebook 'Liberiamoli e liberiamole'.

La posizione del procuratore generale Francesco Saluzzo

Riceviamo e pubblichiamo dal procuratore generale Francesco Saluzzo, che ha firmato l'ordine di arresto per Nicoletta Dosio.

"Ho letto espressioni di pesante critica (del tutto legittime, ovviamente) nei confronti del provvedimento e delle norme di procedura che regolano la materia e che hanno determinato l’esecuzione. Critiche che appaiono, però, infondate ed anche inappropriate. La signora Dosio ha avuto molte possibilità di scelta, decisioni, esclusivamente sue, che, come per ogni altro condannato in situazione simile, le avrebbero consentito di non espiare la pena in carcere. Dopo la sospensione dell’ordine di esecuzione, disposta dal mio ufficio, ha avuto trenta giorni di tempo per chiedere una delle misure alternative previste dal nostro ordinamento. Non lo ha fatto; anzi, ha pubblicamente “proclamato” di non avere alcuna intenzione di presentare istanze. Nonostante lo scadere del termine, la Procura generale, in considerazione dell’età e della misura della pena (un anno) le “aperto” la possibilità della cosiddetta “detenzione domiciliare”, prevista da uno dei provvedimenti cosiddetti “svuota carceri” (per risolvere il problema del “sovraffollamento” si è imboccata una discutibile strada del regime alternativo della permanenza in casa per molti condannati). Decisione, quella del mio ufficio, assunta pur tenendo conto dei precedenti della condannata che, in regime di arresti domiciliari, durante il processo, li violava, “uscendo di casa” per continuare a manifestare e compiere
azioni dimostrative davanti alla caserma dei carabinieri. Tanto che il procuratore della Repubblica dell’epoca aveva chiesto la revoca della misura, richiesta respinta, però, sia dal gip che dal tribunale del riesame. E, ieri, il mio Ufficio ha preso conoscenza del provvedimento del
Tribunale di sorveglianza di Torino che decideva di non ammettere la signora Dosio al regime della detenzione nel domicilio, proprio in ragione di quello che sarebbe stato il comportamento della signora Dosio, annunciato e pubblicizzato. Di qui la mia decisione. È ovvio che il percorso è quello disegnato dalla legge e certamente chi ha mosso le critiche non vorrebbe che i cittadini fossero trattati diversamente
secondo il cognome o le ragioni che hanno spinto a delinquere. Il nostro sistema ha già troppo norme ritagliate su situazioni personali e non credo debbano aggiungersene. Anzi, semmai dovrebbero essere modificate quelle ancora in vigore. Neppure, penso (e spero), i cittadini vorrebbero vedere introdotte norme di salvaguardia, di esenzione da responsabilità o conseguenze, in palese violazione del principio costituzionale di eguaglianza davanti alla legge, allo Stato, alla collettività: tutti hanno diritto allo stesso trattamento e nei confronti di tutti vi è il dovere di applicare il trattamento previsto; che è solo quello dettato dalla legge. Solo il legislatore, nella sua saggezza, può modificare le norme, a patto che rispetti i principi costituzionali. Il mio ufficio ha, perciò, applicato, con rigore (come fa ogni giorno) le norme che ci sono date e che sono presidio di legalità e di imparzialità.

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