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"Nelle campagne marciscono i diritti, non le verdure", la protesta dei migranti che lavorano in agricoltura

"Ci fanno lavorare in nero e viviamo in condizioni disumane"

"Nelle campagne marciscono i diritti, non le verdure". Anche in Piemonte i braccianti agricoli hanno aderito allo sciopero della terra indetto dall'Unione Sindacale di Base portando tutto il loro disappunto davanti al palazzo della Regione Piemonte. 

"Il tema dei braccianti agricoli sta tornando sempre più nei discorsi politici, ma è sempre legato al fatto che serve manodopera sfruttabile per garantire prezzi bassi o mantenere il settore. Noi crediamo invece che servono diritti per tutti quei lavoratori che negli ultimi anni hanno vissuto in baraccopoli o hanno lavorato con contratti precari o irregolari", racconta Fabio Cremaschini delegato dell'USB. 

"Siamo qui per parlare con la Regione Piemonte che è responsabile dell'amministrazione dei fondi europei che vengono dati ogni anno al comparto agroalimentare. Noi crediamo che questi fondi debbano essere legati a garanzie per chi lavora in questo comparto", continua Fabio Cremaschini delegato dell'USB.

"Siamo stati anche in Prefettura perché abbiamo perplessità sulla regolarizzazione a tempo dei migranti. Rimangono fuori molti lavoratori che, non per scelta loro, hanno lavorato in nero negli scorsi anni è che non possono essere regolarizzati perché non possono dimostrare di aver lavorato nel comparto. Inoltre contestiamo anche il fatto che il permesso sia a tempo perché i lavoratori non sono macchine che vengono usati per la raccolta e poi vengono rimessi in strada irregolari a sopravvivere come possono sotto ricatto e in precarietà", prosegue Fabio Cremaschini delegato dell'USB.

"Negli ultimi anni nel cuneese sono stati migliaia i migranti che hanno lavorato come braccianti. Molti hanno vissuto in una fabbrica abbandonata in una condizione da terzo mondo, un terzo mondo che però era nella nostra campagna cuneese", conclude Fabio Cremaschini delegato dell'USB.

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