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Calciopoli, Moggi contrattacca: "Non avevamo bisogno di aiuti"

L'avvocato dell'ex direttore generale della Juventus incalza: "Un processo fatto sulle sensazioni. Gli atti più importanti sono stati portati a voce"

Da Calciopoli a Ribaltopoli? E' quello che spera Luciano Moggi, oggi all'attacco in apertura dell'udienza del processo a Calciopoli dedicata alla sua difesa. L'ex direttore generale della Juventus ha chiesto di poter rendere dichiarazioni spontanee prima di lasciare la parola al suo legale, Maurilio Prioreschi. Il tutto dopo l'intercettazione Bergamo-Rodomonti che per Moggi sarebbe in grado di ribaltare le sorti del processo a 'Calciopoli'. La telefonata, consegnata ai legali di Moggi dal consulente Nicola Penta, è datata 28 novembre 2004. Al telefono, quando mancano tre ore al fischio d'inizio di Inter-Juve, ci sono il designatore arbitrale Paolo Bergamo e il fischietto designato per il big match, Pasquale Rodomonti. "C'è una differenza di 15 punti tra le due squadre (tra la Juve capolista e l'Inter) - dice il designatore arbitrale, che poi aggiunge - Anche psicologicamente preparatici bene..". E ancora, sempre Bergamo: "Fà la tua partita, e se ti dico proprio la mia, in questo momento, se hai un dubbio, pensa più a chi è dietro piuttosto che a chi è avanti, dammi retta!". E, in un altro passaggio: "È una cosa che rimane tra me e te. - prosegue il designatore - Arrivare lassù lo sai quanto sia faticoso, e ritornare giù sarebbe per te proprio stupido. Fa la persona intelligente". Il match finirà con un pareggio, 2-2. Un'intercettazione chiave che si accompagna alle quasi 200 pagine dell’arringa di Maurilio Prioreschi, il legale di Lu­ciano Moggi, che sono state ela­borate nel corso degli ulti­mi due mesi per ribaltare il processo

IL MONOLOGO - "Questo - ha esordito Moggi - è un processo che si è sviluppato sulle chiacchiere. Sono qui perchè volutamente qualcuno mi ha messo a capo di un sistema al quale sono estraneo. I risultati che abbiamo ottenuto con la cosiddetta triade alla Juve, sono stati conseguiti sul campo". Moggi ha citato due testimoni d'eccezione, il manager del Manchester United, Alex Ferguson ed Enzo Biagi: "Ferguson - ha detto Moggi leggendo una recente intervista - ha parlato di me come di un manager straordinario che resta il top tra i dirigenti. Quanto a Biagi, all'indomani della sentenza sportiva, parlò di un giudizio costruito sul nulla, sulla base di intercettazioni difficili da interpretare". Poi Moggi si è soffermato sull'aspetto tecnico: "La mia Juve era una squadra fatta di campioni - ha ricordato - non aveva bisogno di aiuti. E l'Inter non si può permettere di dire che perdeva per colpa degli arbitri se poi vendeva dei campioni come Seedorf e Pirlo per comprare gente come Gresko, Coco, Vampeta e Taribo West. È per giocatori come questi che perdevano". Quindi è entrato nel merito di alcune delle circostanze che gli vengono addebitate come l'utilizzo delle schede svizzere: "Quando fui interrogato, Narducci, incurante della presenza dei miei avvocati, mi disse 'lo sa che lei è finito?'. A loro spiegai che le schede servivano perchè c'era dello spionaggio industriale e infatti dopo poco emerse lo scandalo Telecom. Per questo motivo furono comprate quelle schede che segrete non erano e che io utilizzavo solo per fare il mercato. Mercato che non è vero come sostiene Narducci si faccia nel mese di agosto, perchè io Zidane l'ho comprato a inizio anno. Può darsi pure che queste schede le abbia date a qualcuno ma di certo non per fare cose illecite perchè la mia squadra era talmente forte che vinceva senza gli aiuti arbitrali. Ecco perchè - ha concluso Moggi - ritengo che Narducci abbia costruito un processo sulle sensazioni, fatto di suggestioni. Le schede non erano segrete e il mercato non si fa ad agosto. E poi gli arbitri le schede se le compravano autonomamente per nascondere vicende personali che non hanno a che vedere con il calcio". L'intervento di Moggi è stato salutato dall'applauso di una ventina di sostenitori che sostano fuori dall'aula e che sono stati redarguiti dal presidente del collegio

L'ARRINGA - Parte l'attacco finale al teorema accusatorio di Calciopoli, firmato dall'ex tenente colonnello Attilio Auricchio e dell'ex pm Giuseppe Narducci da parte dell'avvocato Maurilio Prioreschi. "Se apriamo il dizionario italiano e apriamo alla lettera i, come imbrogliare: significa disorientare, confondere le idee. Non nel senso di truffare. Quando dico che questo processo è un imbroglio: lo dico per questo, senza elemento soggettivo". Sono le parole introduttive dell'arringa difensiva che punta il dito su falsi, imbrogli e prove occultate.

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