Lavori in largo Tirreno
Buongiorno, sono Andrea e abito da quasi 8 anni all'inizio di via Tripoli, praticamente su largo Tirreno. Questa è una zona particolare per il parcheggio e già adesso si fa fatica in certi orari (e quindi faccio già fatica a comprendere alcune politiche urbanistiche proprio per questo motivo, dato che non si può ignorare che in alcuni quartieri ci siano più auto che parcheggi pubblici. Eppure continua a succedere). Fatta questa premessa, vi scrivo molto preoccupato per la serie di lavori che vengono eseguiti in queste settimane su via Tirreno e largo Tirreno, che porteranno a una ulteriore diminuzione dei parcheggi disponibili e che allo stato attuale delle cose hanno portato a un restringimento dello spazio di immissione in largo Tirreno da via Tripoli, che sta causano enormi ingorghi e code spropositate. Chi conosce la zona, o chi fa uno studio urbanistico sa bene che in quel particolare angolo tra via Tirreno e via Tripoli esiste già una certa concentrazione di traffico in determinati orari: chi si immette da via Tirreno, chi da via Tripoli, chi sosta al benzinaio e chi si incolonna verso lunghe code per via Gessi. Tutti questi fattori concomitanti creano discreti ingorghi normalmente. Ebbene, da qualche giorno a questa parte la situazione è peggiorata. Come si poteva pensare non accadesse? Restringere lo spazio d'immissione nella grande rotonda equivale a creare un tappo ulteriore in via Tripoli e soprattutto un minore spazio per evitare le auto in sosta al benzinaio o quelle incolonnate che sporgono da via Gessi, senza contare chi arriva da via Tirreno per immettersi sempre nel largo. Come è possibile, mi chiedo, pensare ad una soluzione del genere senza comprendere che questo tipo di modifiche avrebbero creato situazioni simili? Ma è possibile che sia sempre il quotidiano del cittadino a rimetterci? Chiudo con una riflessione di carattere generale: io sono un convinto "ambientalista" e amante del verde e del nostro Pianeta, ma credo dobbiamo essere pratici e sinceri con noi stessi. Perché voler imitare nazioni estere quando non abbiamo i trasporti e le infrastrutture per farlo? Perché non crescere prima sotto il profilo dei trasporti per metterci al pari con queste nazioni, e POI successivamente agire anche sulle piste ciclabili? Non è normale, per esempio, che io debba prendere forzatamente l'auto per andare a lavoro (a 4 km da casa mia) perché coi mezzi ci metterei 40 minuti (perché dovrei prenderne 2 e fare dei tratti a piedi) invece che i 10 minuti in auto. Non è normale che i trasporti a Torino siano rimasti a 20 anni fa. E forse pure prima. Spero di aver dato adito a qualche riflessione, e gradirei avere risposta alle mie molte domande e sì, anche a qualche piccola provocazione. Concedetemelo, non se ne può più. Saluti, Andrea