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Stefano Esposito: "Appello del 10 maggio, incitamento all'odio"

Il senatore Pd: "L'appello 'contro la vendetta di Stato', non ha nulla a che vedere con il sacrosanto diritto di manifestare, ma assomiglia molto ad un incitamento all'odio"

Un appello che "non ha nulla a che vedere con il sacrosanto diritto di manifestare, ma assomiglia molto ad un incitamento all’odio": queste le parole di Stefano Esposito, senatore del Pd, in merito ad un "appello contro la vendetta di Stato" pubblicato sul sito No Tav e firmato da giornalisti e intellettuali in vista della manifestazione del 10 maggio a Torino in solidarietà dei quattro attivisti in carcere con la pesante accusa di terrorismo.

"Che le varie sigle della galassia antagonista ed anarchica rifiutino lo Stato e disprezzino le istituzioni, le forze dell’ordine e la magistratura non sorprende. Ma che siano degli intellettuali e dei giornalisti a sposare il teorema della ‘vendetta di Stato’ contro i No Tav autori di gravi atti di violenza, sostituendosi così ai giudici e promulgando sentenze di assoluzione in nome di un qualche fantomatico ‘tribunale del popolo’, questo sì che preoccupa e allarma", dice Esposito in una nota.

Il senatore spiega che la situazione preoccupa perché vengono indicati dei responsabili: "I due Pm e il Gip della Procura di Torino che seguono il procedimento. E quando le persone vengono messe all’indice rischiano di trasformarsi in bersagli. Bersagli non solo di parole, come recenti fatti hanno purtroppo dimostrato".

"La manifestazione del 10 maggio è convocata con partenza davanti al Palazzo di Giustizia di Torino, un fatto gravissimo. L’ultima volta che un corteo è transitato davanti a quella sede, tutti ci ricordiamo come andò a finire - dice ancora Esposito, che ricorda come non sarà una manifestazione contro il Tav, ma contro la magistratura - Gli esponenti della frangia violenta che si è impossessata della bandiera No Tav  non sono i primi a credersi eredi dei partigiani e a pensare di condurre una lotta di liberazione. Lo credevano anche i brigatisti e gli altri terroristi rossi. E non è neppure la prima volta che degli intellettuali e dei giornalisti firmano appelli parlando di ‘vendetta di Stato’. Ricordo nel 1971 il manifesto contro il commissario Calabresi. Anche lì si accusavano i magistrati ‘persecutori’ e i giudici ‘indegni’.Tutti sappiamo cosa successe. Ma, evidentemente, la storia non insegna nulla alle menti offuscate dall’odio ideologico.
Non possiamo far passare nel silenzio questo appello, questa indicazione dei bersagli da colpire: lo dico vivendo in prima persona un isolamento politico, anche all’interno del mio partito. Questo, però, non mi impedisce, anche in solitudine, di continuare ad avvertire e denunciare la deriva che sta assumendo questa vicenda".

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