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Lavoro, licenziati gli interinali dello sportello Immigrazione: "È una questione politica"

Si occupano della regolarizzazione delle badanti, ma anche delle richieste di diritto d'asilo e di chi arriva dall'Ucraina

Alla base del mancato rinnovo del contratto dei lavoratori precari che operano agli sportelli immigrazione di Questura e Prefettura di Torino c'è una scelta politica. A sostenerlo sono i sindacati che questa mattina - giovedì 19 gennaio - si sono radunati in piazza Castello per un presidio di protesta. 

Si tratta a Torino e provincia di una quarantina di persone che hanno lavorato per lo Stato al fianco degli agenti di polizia presso gli sportelli di corso Verona e della Prefettura. Per loro il fine mandato è stato il 31 dicembre scorso quando alle agenzie Gi Group e Manpower non è stata concessa dal ministero dell'Interno la proroga del servizio. 

Questi lavoratori si sono occupati - e si stavano occupando perché l'emergenza non è ancora finita - delle pratiche di emersione, ovvero della sanatoria che nel 2020 venne concessa dal Governo per regolarizzare il lavoro domestico e i lavoratori in agricoltura. A Torino le pratiche avanzata erano circa 5.000 e ne rimangono circa 370 da smaltire, ma in altre città italiane la situazione è critica: a Milano le pratiche sono 21.000.  

Non solo però, perché questi lavoratori si occupano anche dei permessi temporanei per chi scappa dalla guerra in Ucraina, della quota flussi, delle commissioni territoriali per le richieste di asilo e dei titoli di soggiorno in generale. A Torino e provincia tra Questura e Prefettura si tratta di poco meno di 40 lavoratori. "In questo momento in Prefettura non stanno chiamando chi aveva le pratiche di emersione da concludere perché non c'è il personale. C'è la macchina ferma", racconta Elena Petrosino della Cgil. 

Quel che manca, sostiene il sindacato, è la volontà politica. Nella legge di bilancio infatti sono stati stanziati 37 milioni di euro per questi lavoratori, risorse che non coprono l'attuale personale in forza neppure per un anno. "C'è evidentemente una scelta politica alla base", continua Petrosino, "avevano detto che avrebbero prorogato fino al 27 marzo le 400 persone che si occupano in Italia del diritto di asilo, ma non si capisce cosa succederà dopo quella data. C'è un'impostazione quindi ideologica". 

Cosa intende? "Per arrivare a riconoscere un titolo di soggiorno per rimanere in Italia - che sia un permesso di soggiorno per motivi di lavoro, un ricongiungimento familiare, una carta di soggiorno o una protezione internazionale - concorrono la Questura e la Prefettura. È chiaro che se i 400 che si occupano delle richieste di asilo vengono prorogati fino al 27 di marzo e poi dopo non ci sono più vuol dire che o quella funzione viene fatta da qualcun'altro - ma non è stato esplicitato - o immaginiamo che ci sia un'impostazione che pensa di riuscire a portare il più vicino allo zero gli ingressi tra virgolette irregolari, di chi scappa da guerre e situazioni simili, e di spostarli forse solo con ingressi regolari". 

La condizione dunque di precarietà di questi lavoratori con competenze di livello che non hanno visto rinnovato il loro contratto di lavoro, si incrociano dunque con il dramma di chi aspetta che l'Italia gli conceda il diritto di asilo o il permesso di soggiorno. Documenti che se non arrivano pongono questi individui in una condizione di irregolarità sul territorio e di conseguenza di clandestinità. 

I sindacati uniti - Cgil, Cisl e Uil - richiedono dunque continuità occupazionale e che si sblocchi la situazione con concorsi e con assunzioni a tempo indeterminato in cui si tenga conto della professionalità dei lavoratori che negli ultimi 2 anni hanno acquisito competenza e che ora sono senza occupazione e stipendio; volontà politica perché la questione è di respiro nazionale, con oltre 1500 persone coinvolte. 

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