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Le tre contraddizioni (politiche) che Damilano, Sganga e Lo Russo non hanno sciolto prima del voto

Dopo l'ultimo confronto elettorale

E alla fine, seppur all'ultima curva prima del rettilineo finale, i tre principali candidati sindaci di Torino hanno abbandonato il noto sabaudo self control e qualche spallata se la sono data. Una spallata politica, s'intenda, ma pur sempre utile a fare emergere le contraddizioni che in questo mese sono rimaste sommerse da una campagna elettorale che non ha scaldato gli animi dei torinesi. 

La prima grande contraddizione politica è quella che tocca il candidato del centrodestra Paolo Damilano, e ad accendere la miccia che fa scoppiare la polemica è lui stesso quando, rispondendo a una domanda di Massimo Giannini in diretta sul sito de La stampa, ha ricordato i fili spinati evocati dall'esponente del PD, Francesco Boccia. In sostanza la questione è la solita: dietro Damilano, volto moderato del centrodestra, ci sono Lega, Fratelli d'Italia e Popolo della Famiglia. 

Come farà Damilano a domare l'anima battagliera dei partiti quando sarà eletto sindaco? Sì, perché molto del suo potere decisionale sarà dato dai voti che i partiti prenderanno domenica e lunedì, voti che si tramuteranno in consiglieri comunali e assessori. Lui, che si definisce un moderato liberale e che dà ragione a Berlusconi quando dice di non ritenere Meloni e Salvini credibili nel ruolo di Premier, dovrà fare i conti con i numeri. 

L'altra grande contraddizione riguarda il Movimento 5 Stelle e il suo rapporto conflittuale con il Partito Democratico. Non è una novità che grillini e democratici qua a Torino non si amino. Lo abbiamo visto da come si sono confrontati, spesso con toni accesissimi, negli ultimi cinque anni in Sala Rossa. Naturale dunque che tra i due partiti non ci sia stata la tanto discussa alleanza giallo-rossa, quella del Governo Conte Bis tanto per intenderci. 

Ancora oggi, durante l'ultimo confronto tra i tre candidati sindaci, Valentina Sganga ha ribadito l'incompatibilità del Movimento 5 Stelle con il PD di Torino. La candidata sindaca che deve difendere il quinquiennio di Appendino ha detto che il centrosinistra torinese su alcune scelte, soprattutto economiche, è assimilabile al centrodestra. Stessa cosa ribadita da Appendino nei giorni scorsi. La domanda sorge spontanea (per citare un vecchio personaggio della TV): ma allora per quale motivo si è tentato in tutti i modi, e rimpianto fino a un mese fa, l'accordo con il Partito Democratico? 

Infine Stefano Lo Russo, il candidato dei tre che è il più politico e quello con l'esperienza da amministratore più importante. Alle Primarie del centrosinistra era il candidato che non voleva alcuna alleanza con il Movimento 5 Stelle e, nelle settimane passate, si è pure impegnato a fare in modo che questa alleanza non venga riproposta al ballottaggio. Poi però durante il primo confronto pubblico, sempre de La Stampa, aveva detto che a titolo personale in un eventuale ballottaggio tra Damilano e Sganga avrebbe votato per quest'ultima. 

Oggi non lo ha ribadito, anzi si è ben guardato dal farlo, ma ha detto che i torinesi dovranno scegliere il progetto di città più credibile. Sì, vero, ma se al ballottaggio il centrosinistra dovesse confrontarsi con il centrodestra i voti del Movimento 5 Stelle serviranno. Siamo veramente sicuri che poi, in quelle due settimane, non ci saranno emissari di partito pronti a trasformarsi in pontieri per tentare anche a Torino di avviare quel discorso che ormai a livello nazionale sembra già a buon punto? 

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