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Garcea si difende, ricorda l'attentato del 2018 e cita Impastato: "La ‘ndrangheta è una montagna di merda"

La polemica

"La ‘ndrangheta è una montagna di merda", a dirlo, citando Peppino Impastato, è stato l'uomo che nelle ultime settimane è finito nell'occhio del ciclone. Sono passate da poco le 18 di venerdì 18 marzo quando Domenico Garcea, consigliere comunale di Torino in quota Forza Italia, chiede di prendere la parola. Il suo intervento sarà l'ultimo della prima seduta della commissione legalità del consiglio comunale, prima di lui tante altre parole tra cui quelle della portavoce di Libera, associazione contro le mafie. 

Un dibattito che arriva al culmine di una settimana di fuoco per Garcea al quale viene chiesto - mai ufficialmente, neppure durante la seduta della commissione - di dimettersi dalla commissione legalità. Il motivo? Alcune intercettazioni nelle quali Onofrio Garcea, cugino di sesto grado, lo tira in ballo prima della campagna elettorale per le elezioni regionali del 2019. 

Una storia che Garcea penasava facesse parte del passato - anche perché il consigliere comunale non è mai stato indagato e non è mai stato neppure convocato dalla magistratura - ma che è stata nuovamente portata alla luce dopo la sua elezioni da parte del consiglio comunale come membro della commissione legalità. Un voto unanime da parte di tutto il consiglio comunale. 

"Desidero ribadire la mia totale e incondizionata distanza da qualsivoglia organizzazione criminale mafiosa, camorristica e ivi compresa la ‘ndrangheta", dice Garcea davanti agli altri consiglieri presenti in aula, "Non trovo alcuna difficoltà a definire la ‘ndrangheta una montagna di merda".

Non solo però, perché Garcea poco prima ricorda un episodio avvenuto nel 2018: "Nel luglio del 2018 proprio perché ho conbattuto la criminalità organizzata sotto casa, nel mio quartiere Barriera di Milano, mi fu bruciata la macchina. Per un anno e mezzo sono andato in giro con il tram perché non avevo soldi per comprarne un'altra. Tutto questo dopo un mese dalla morte di mio padre". 

Termina dunque con le parole amare di Domenico Garcea un dibattito che ha animato i corridoi della politica torinese. Sul tavolo il tema del garantismo e la credibilità delle istituzioni perché, come spiega lo stesso consigliere in aula, lui prima di essere votato all'unanimità come membro della commissione legalità è stato anche eletto vicepresidente del consiglio comunale di Torino. 

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