"Turchia, censura di stato", incontro al Circolo della Stampa
E' la repressione in Turchia il tema al centro della terza edizione di "Voci scomode", appuntamento annuale promosso dal Caffè dei giornalisti: "Il nostro impegno a favore della libertà di stampa nel mondo" spiega la presidente Rosita Ferrato "ci obbliga a riflettere sulla svolta autoritaria voluta dal governo Erdogan dopo il fallito golpe del 15 luglio: arresti e condanne severe per i giornalisti locali, testate di opposizione occupate e ridotte al silenzio, accrediti negati ai corrispondenti esteri".
L'evento - realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Culture, Politiche e Società dell'Università di Torino e la Maison des Journalistes di Parigi - si terrà martedì 29 novembre ore 18/20 presso la sede del Circolo della Stampa (Palazzo Ceriana Mayneri, Corso Stati Uniti 27): un luogo simbolo per ospitare le voci dei giornalisti che - in prima persona - vivono, sfidano, raccontano e subiscono un'oppressione ormai indeterminata.
"Le voci scomode dell'edizione 2016" - spiega - "sono quelle di Halgurd Samad, curdo iracheno, e Sakher Edris, siriano: entrambi giornalisti costretti all'esilio e ospiti de la Maison des Journalistes (MDJ), associazione parigina che offre rifugio a reporter fuggiti dal loro Paese d'origine per aver perseguito la libertà di espressione". Assieme a loro Darline Cothière, direttrice MDJ; Lucia Goracci, inviata di Esteri a Rai News 24; Marta Ottaviani, giornalista di Avvenire e La Stampa. I lavori saranno introdotti da Marinella Belluati, docente di Analisi dei Media presso l'Università di Torino, e moderati da Sherif El Sebaie, opinionista di Panorama ed esperto di diplomazia culturale.
L'incontro serale sarà preceduto da un seminario di approfondimento didattico rivolto agli studenti universitari. La sessione, che si terrà dalle 10 alle 13 presso l'Aula Magna del Campus Luigi Einaudi dell'Università di Torino, vede la partecipazione - oltre a Rosita Ferrato, Marinella Belluati e Darline Cothière - di Rosita Di Peri, docente di Politiche, Istituzioni e Culture del Medio Oriente; Luca Ozzano, docente di Scienza Politica; Murat Cinar, turco, giornalista e attivista sociale; Ugur Bilkay, il primo cittadino turco a ottenere lo status di rifugiato politico in Europa per la sua obiezione di coscienza; Lorenzo Trombetta, inviato ANSA in Medio Oriente
La libertà di stampa messa alla sbarra
All'indomani della proclamazione dello stato di emergenza, la vendetta di Erdogan non smette di abbattersi in maniera virulenta su stampa, radio, televisione, social: i dati più recenti, riferiti a settembre 2016 (fonte: Corriere della Sera), contano 63 giornalisti in carcere e la chiusura di 3 agenzie di stampa, 16 reti televisive, 23 stazioni radio, 45 quotidiani, 15 periodici, 29 case editrici. L'accusa, nella gran parte dei casi, è di propaganda terrorista. Un trend che rischia di inabissare la libertà di stampa del Paese, già fortemente pregiudicata: nel 2015, la Turchia occupava il 154° posto su 180 nella classifica pubblicata ogni anno da Reporter senza frontiere.
I numeri della repressione
Ma il sistema dei media non è certo l'unica vittima delle "purghe": da luglio ad oggi si registrano 93.263 persone licenziate tra poliziotti, militari, giudici e Pm, dipendenti pubblici e accademici, e ben 32 mila arrestate e in attesa di giudizio (il governo ha esteso la carcerazione preventiva da due a trenta giorni e sospeso la Convenzione Europea dei diritti dell'uomo).
La complessità della questione turca
Del resto, la questione della libertà di stampa non può essere compresa appieno se non guardando alla questione turca nel suo complesso, che rimanda al rapporto con la minoranza curda, la Siria, l'Iraq, l'Unione Europea e l'Occidente; in tal modo, la discussione si allarga al rispetto dei diritti umani e all'importanza geopolitica del Paese: basti pensare, ad esempio, al ruolo svolto nel controllo dei flussi migratori e nella lotta al terrorismo.