Don Pasquale di Donizzetti al teatro Superga
Sabato 11 aprile alle ore 21.00 "The Spirituals" al Teatro Superga di Nichelino. Tutta l'atmosfera del repertorio Spiritual, in un concerto coinvolgente che affonda le radici nella tradizione musicale afro-americana. Artisti del Teatro Regio di Torino.
Antecedente al blues e antenato del jazz, lo spiritual è un genere musicale con radici che affondano nella musica afro-americana. Rappresenta una delle prime espressioni di credo religioso iniziate dagli schiavi africani negli Stati Uniti.
Una rievocazione del repertorio spiritual rivisto dal Maestro Marco Sofianopulo per otto voci e pianoforte.
Quello degli spiritual è un repertorio delineatosi negli Stati Uniti tra la metà del XVIII e la fine del XIX secolo, un periodo lungo e ricco di cambiamenti: da poco prima dell'indipendenza dalla Gran Bretagna fino all'esponenziale crescita industriale che avrebbe portato gli Usa a diventare la principale potenza mondiale. Una storia popolare con una fortissima componente politico-sociale: lo spiritual ha infatti origine dalla schiavitù dei neri (sebbene esista anche un meno noto spiritual "bianco") e dall'imposizione del credo cristiano dei padroni sugli schiavi, i quali, in un vero e proprio transfert, riflettevano la propria sofferenza in quella degli ebrei schiavizzati in Egitto (Go down, Moses), di Cristo e dei primi cristiani (le cosiddette sorrow songs, le canzoni del dolore, qui ben rappresentate da He Never Said a Mumblin' Word e Were You There).
La parola "spiritual" sottintende spiritual songs, termine impiegato nelle prime edizioni di questi brani per distinguerli dai salmi e dagli inni tradizionali della Chiesa: non si dimentichi, infatti, l'importanza essenziale della mentalità protestante che, a differenza di quella cattolica dell'epoca, richiedeva la partecipazione attiva dell'assemblea durante la funzione come rappresentazione del rapporto diretto tra fedeli e Dio, senza mediazioni ecclesiastiche.
Proprio il rapporto diretto con Dio è l'elemento cardine che ha portato queste canzoni ad avere un'enorme diffusione anche al di fuori dell'ambito liturgico, diventando parte del folk statunitense tout court: anche per tale ragione, lo spiritual è stato associato, all'inizio del testo, a repertorio, non a genere. Alcune di queste canzoni, passando per vari "generi", sono diventate molto popolari anche qui in Italia, non perché assimilate dal rito cattolico, ma perché divenute hit internazionali "commerciali", ancora una volta a sottolineare differenze culturali e cultuali.
Anche se talvolta le grafie e i titoli cambiano - a causa di gerghi diversi e differenti trascrizioni: De (anziché The) Battle ob (anziché of) Jericho; When the Stars Begin to Fall chiamata anche My Lord, What a Morning -, riconosciamo tra gli altri l'inno gospel per eccellenza, Happy Day, uno degli standard del jazz tradizionale più noti; When the Saints (Go Marching in), talmente "ovvio" che le bande di New Orleans negli anni Sessanta del Novecento chiedevano mance aggiuntive per eseguirlo, tanto erano stufe di suonarlo; uno dei brani-simbolo del folk revival e del movimento per i diritti civili statunitensi, We Shall Overcome, noto da noi soprattutto nella versione di Joan Baez. Quest'ultimo caso può ben rappresentare anche la malleabilità tipica di questo repertorio, visto che il folk-singer Pete Seeger (che amava cantare anche Michael Rows the Boat Ashore) ne stabilizzò il titolo e aggiunse dei versi al testo.
Nel XX secolo (ma anche tuttora) lo spiritual ha goduto di enorme fama e molti brani sono stati elaborati in versioni diversissime - folk, country, jazz, per coro classico e gospel - spesso restando riconoscibili solo grazie al testo (sempre di diretta ispirazione biblica). A ennesima riprova del fatto che i concetti di genere e di repertorio non possono coincidere, almeno non quando si parla di popular music.