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L'operetta nei piccoli teatri: all'Araldo in scena la Boheme

Al Teatro Araldo è andata in scena la Boheme di Giacomo Puccini. Un allestimento che, nonostante i limiti, ha permesso di portare in scena una grande opera

Sabato 7 dicembre Al teatro Araldo di Torino è andata in scena la Boheme di Giacomo Puccini.

La piccola struttura di tale teatro, non propriamente adatta alla grande opera, poteva far pensare di trovarsi di fronte all'ennesimo estratto o selezione venduto come opera completa; l’accompagnamento poi del solo pianoforte, anche se suonato dal Maestro Andrea Turchetto una garanzia nel settore operistico, sembrava avvalorare questa ipotesi.

I dubbi però si spengono all’apertura del sipario. Sul palco di moderate dimensioni stupisce la ricchezza e la precisione di ogni elemento scenico come pure la cura dei dettagli in particolare nella scelta dei costumi, provenienti dalla sartoria teatrale Bianchi di Milano, e in tema con l’epoca in cui è ambientato il melodramma. Il primo atto scorre piacevolmente. La regia, curata da Antonello Ligia, è tradizionale ma efficace, nulla viene stravolto o lasciato al caso.

La scena di Benoit è comica e frizzante. Il personaggio del vecchio padrone di casa è infatti interpretato alla perfezione dal baritono torinese Mario Gaudino mentre i quattro bohemien si divertono a prendersi gioco di lui in maniera da far risaltare il tutto chiaro ed ordinato.

Le sorprese positive continuano all'ingresso di Mimí, interpretata da Gianna Queni. Le due arie di Rodolfo e della giovane fioraia riscuotono un sicuro consenso e gli applausi finali ne sono la dimostrazione nonostante la chiusura anticipata del sipario, colpa forse di un tecnico maldestro.

Il secondo atto si apre tra i tavoli di Momus e si coglie subito l'idea geniale di Ligia nell’utilizzare le colonne del palcoscenico e la parte sul retro per ricostruire i vicoli di Parigi. La scena è riempita totalmente da ben 30 coristi che, per un palco del genere, è veramente un’eccezione. Le loro voci, curate dal Maestro Gianluca Fasano e le loro movenze ricreano naturalmente l’allegria del momento. Sul proscenio i protagonisti siedono ai tavoli fino all'arrivo di Musetta, l’ottimo soprano natia del Messico Laura Romo, e dal buffo Alcindoro interpretato da Pietro de Fino. La scena si conclude con l'arrivo del "tambur maggiore" forse un po’ poco d’effetto essendo realizzato da un solo soldato.

Le sorprese continuano nel terzo e quarto atto dove, anche se le scene sono più spoglie, le voci dei protagonisti risultano davvero degne di nota. Il famosissimo quartetto, "Addio, dolce svegliare" e la celeberrima aria di Colline interpretata da Ugo Bonafede ottengono un lungo e sincero applauso.

Il finale riserva un ulteriore gradito apprezzamento per la bravura del tenore Roberto Covatta e del soprano Laura Romo nella preghiera finale di Musetta.

Analizzando i singoli cantanti un ottimo successo hanno riscosso i due soprani Gianna Queni, voce già nota nel panorama lirico torinese, e Laura Romo, giovane promessa dal sicuro futuro ricco di successi.

Anche le voci maschili sono state tutte apprezzate. Il tenore Roberto Covatta, nonostante una voce all'apparenza leggera, dimostra di poter interpretare con sicurezza il ruolo di Rodolfo. Il baritono Paolo Dolcet ha ottenuto ampio consenso grazie, soprattutto, al calore, alla corposità della sua voce e anche alla presenza scenica. Il basso Ugo Bonafede, con sicuramente qualche anno di esperienza in più alle spalle, si é rivelato un ottimo Colline, come pure il giovane baritono Enrico Gaudino che ha saputo interpretare egregiamente il musicista Schaunard il più allegro nonché più benestante dei quattro amici.
Infine fiori ed applausi, sono la dimostrazione che la lirica si può davvero ancora portare nei piccoli teatri di città e provincia. Speriamo che il teatro Araldo continui ad offrire produzioni di questo livello anche negli appuntamenti successivi.

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