"Racconti in una notte di luna piena" a Bardonecchia
Il Piemonte è una terra antica, piena di vicende e tradizioni; ogni paese ha la sua leggenda su fantasmi e fantasie, e in Val di Susa si tramandano alcune di quelle più suggestive. Gli studi sulle masche e sui racconti della Val di Susa sono frutto di preziose ricerche fatte da Marisa e Manuel Torello, che da sempre si dedicano alla valorizzazione delle culture popolari, facendo emergere aspetti inusuali della nostra storia a cavallo tra l’800 e il ‘900.
Sabato 22 febbraio alle 21, in occasione del Carnevale, queste grandi storie piemontesi, in bilico tra mito e realtà, sono protagoniste al Palazzo delle Feste dello spettacolo "Racconti in una notte di luna piena" nell’ambito di Scena 1312, stagione di musica-teatro della città di Bardonecchia.
A dare voce a queste leggende sono Marisa Torello e l’attrice Alessia Donadio, accompagnate sul palco dall'Estemporanea Ensemble, formata da Lucia Marino (clarinetto), Massimo Bairo (violino), Tamara Bairo (viola), Fiorenzo Pereno (sassofono), con la partecipazione di Manuel Torello (chitarra e hang). Lo spettacolo è un grande viaggio nelle piaghe del passato, tra miti, folklore e leggende piemontesi. Per rivisitare qualche frammento di quel mondo fiabesco tramandato per secoli, di generazione in generazione, vengono raccontate alcune storie trovate in una vecchia stalla abbandonata in Val di Susa.
Qui spesso storia e leggenda si fondono, s’intersecano e si confondono, e diventa difficile scoprire dove comincia l'una e dove finisce l'altra. Quando il gelo avvolgeva le case e le nebbie della Dora ovattavano i rumori, la notte scendeva presto e la gente si ritrovava nel tepore delle stalle, per le vijà, le tradizionali veglie e, nel caldo riparo, gli innamorati si occhieggiavano da lontano, le donne filavano o ricamavano il corredo, gli uomini aggiustavano zappe e rastrelli e si scambiavano notizie sui raccolti.
Momenti di aggregazione operosa, mentre si raccontava di diavoli in cerca di anime da dannare, di massi danzanti e, soprattutto delle masche, le figlie della notte in volo nell';oscurità per compiere sortilegi, con la capacità di trasformarsi in animali e praticare la fisica che oggi chiameremmo semplicemente magia nera (la masca, in molti casi, era una solo una donna profonda conoscitrice della farmacologia arcaica, che sapeva raccogliere le erbe giuste nei periodi più idonei, in modo da non vanificare le potenzialità di certi vegetali.) Altra cosa erano le cunte, leggende ascoltate nella semioscurità tra le ombre che il lume a petrolio proiettava sulle pareti della stalla.