"ProtoBalla", alla Gam le opere di Giacomo Balla
Dal 5 novembre al 27 febbraio, alla Gam di Torino, si potrà visitare la mostra 'ProtoBalla' a cura di Virginia Bertone e Filippo Bosco Wunderkammer. L’intento dell’esposizione è raccontare il legame del pittore con Torino, dove Giacomo Balla visse fino al 1895. A partire dalla documentazione del poverissimo Borgo del Rubatto, dove nacque nel 1871, si seguono le amicizie e la complessa formazione dell’artista. Un dialogo con la pittura piemontese che giunge fino al 1907, anno in cui Balla realizza lo straordinario Ritratto di Clelia Ghedini Marani, conservato alla GAM, e anno in cui si tolse la vita Giuseppe Pellizza da Volpedo, le cui ricerche sul fronte divisionista e simbolista furono un punto di riferimento cruciale per la ricerca giovanile di Balla.
Realizzata con il generoso contributo della Fondazione Ferrero, la mostra è pensata come approfondimento di uno dei capitoli ancora poco indagati della vita di Giacomo Balla: un ideale complemento alla mostra Futurballa alla Fondazione Ferrero di Alba. Curata dal Conservatore capo della GAM Virginia Bertone e da Filippo Bosco, allievo della Normale di Pisa, la mostra offre un ritratto della scena artistica torinese fin de siècle in relazione alla formazione e alle amicizie di Giacomo Balla, che sotto il profilo professionale si affermerà poi a Roma all’inizio del Novecento.
In mostra sono esposte per la prima volta le rare fotografie di Mario Gabinio che documentano la realtà povera dei sobborghi torinesi, e in particolare del quartiere Rubatto, accanto al grande dipinto di Giacomo Grosso, il Ritratto di Olimpia Oytana Barucchi e allo studio di Balla per il Ritratto di Clelia Ghedini Marani, oltre a opere di Federico Boccardo, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Pilade Bertieri, Felice Carena e Antonio Maria Mucchi.
In mostra anche diverse riproduzioni di documenti di Giacomo Balla conservati all’Accademia Albertina. Il percorso espositivo prende avvio dalla sua frequentazione dei corsi all’Accademia Albertina (1886-1891), scelta che appare decisiva per un artista che sarà sempre consapevole dei suoi mezzi tecnici e non secondario in tal senso è l’autorevole insegnamento di Giacomo Grosso, che si afferma in quegli anni come figura centrale della scena accademica torinese.