Percorsi polifonici, dal Barocco ad oggi al Tempio Valdese
Il canto a cappella, cioè senza accompagnamento strumentale, è il punto di arrivo, una sorta di esame di laurea per qualunque gruppo corale, che deve possedere una solida musicalità e sicurezza d'intonazione. È quindi con un certo orgoglio che il Coro dell'Accademia Stefano Tempia da qualche anno ha inserito questo impegnativo repertorio nelle sue stagioni concertistiche. Ne è un esempio il prossimo concerto di lunedì 18 aprile alle ore 21 presso il Tempio Valdese di Torino.
Lo stesso titolo della serata, "A cappella", comunica con immediatezza come il Coro dell'Accademia, di solito accompagnato dalla sua orchestra, possa oggi dimostrare una raggiunta maturità tecnico-musicale anche senza il sostegno degli strumenti per tutta la durata dell'esecuzione.
Il programma esplora, per quanto è possibile nel breve spazio di un concerto, i complessi percorsi storici del canto e controcanto, le cui radici risalgono all'epoca medievale, ma che poi attraversano tutta la storia della musica, toccando il loro vertice attorno al Cinque-Seicento.
La polifonia, senza dubbio la forma più alta di canto corale, nasce infatti in Francia, a Parigi, nel tardo Duecento, con la celebre scuola di Notre-Dame, ma presto si lega al gusto musicale di tutte le principali scuole, a partire da quella italiana. Di fatto, applica alla voce i principi e la tecnica del contrappunto, accostando simultaneamente diverse linee melodiche di pari dignità, secondo leggi armoniche tanto severe, quanto spesso innovative.
Il concerto della Stefano Tempia, trascurando per ragioni di spazio il repertorio più antico, prende le mosse dal periodo barocco, nel quale, come detto, la polifonia contrappuntistica raggiunge il suo massimo splendore. Si comincia con il breve mottetto Cantate Domino di Claudio Monteverdi evidente espressione di lode a Dio.