Un monologo a otto voci a Poirino
“Blasé” è un monologo a più voci, otto per essere precisi. L’unico attore in scena, Michele Puleio, interpreta, attraverso trasformazioni fisiche, vocali e veri e propri travestimenti, tutti i personaggi della storia. L’appuntamento è venerdì 13 maggio alle 21 al Teatro Salone Italia di passeggiata Marconi a Poirino: lo spettacolo chiude la rassegna “Wonderland: la meraviglia continua” organizzata da Onda Larsen in collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo e il Comune di Poirino, e grazie all'Associazione Le Gesta e Vissi d’Arte. Biglietto unico a 10 euro.
Lo spettacolo, per la regia di Luca Zilovich, è prodotto da Officine Gorilla che ha scelto, come per precedenti titoli messi in scena, di non farsi portatrice di una “morale” ma semplicemente di un punto di vista (o, in questo caso, diversi punti di vista) sulla comunità odierna, sulle dinamiche su cui essa si regge, proponendo una riflessione su ciò che viviamo tutti i giorni e, soprattutto, sulla sensazione di “lasciarsi vivere”, in cui non si ha il reale controllo delle proprie decisioni.
Lo spettacolo
“Blasé” è la tendenza della società a far apparire ogni cosa di un colore uniforme, di un gusto che non sa di niente, uguale a mille altre cose. “Blasé” è l’incapacità delle persone di scegliere. “Blasé” è la vita del protagonista.
La voglia di reagire e scrollarsi di dosso un’insoddisfazione generale costringono il protagonista ad entrare armato in un magazzino di E-commerce, prendendolo in ostaggio. A questo punto, la narrazione passa in mano agli ostaggi stessi: un laureato che ricopre il ruolo più infimo del magazzino, un caposettore che non vuole un cactus come compagno di vita, un’impiegata con la sindrome di Stoccolma, un esperto di marketing che cura l’immagine di una blogger che recensisce coppette mestruali. Una società che usa ogni messaggio, positivo e negativo, non per migliorarsi, ma per confermare sé stessa.
I caratteri, dichiaratamente grotteschi e portati all’esasperazione, rappresentano dei “tipi sociali” ben precisi. Sfiorando il ridicolo riescono comunque a traghettare lo spettatore nella realtà quotidiana, quella che tutti noi viviamo, con un tono brillante grazie al quale ogni personaggio mantiene la propria umanità – e disumanità. I riferimenti utilizzati si rifanno a quello che tutti noi abbiamo sotto gli occhi, ciò in cui siamo costantemente immersi e che ci travolge e, spesso, ci dà l’impressione di correre velocissimi verso orizzonti che non abbiamo realmente scelto.
Tutti i personaggi sono fortemente definiti, in modo tale da far emergere le loro caratteristiche non più grazie al dialogo, ma grazie all’utilizzo del corpo, alla vocalità, al loro atteggiamento, agli elementi tipici della categoria di cui si fanno rappresentanti. Proprio per questo motivo i passaggi da personaggio a personaggio vengono realizzati a vista, sulla scena, mostrando l’intera trasformazione.
Il riferimento al teatro popolare è quindi evidente. Per costruire ciascun personaggio si è cercato un tipo fisso attuale, una “maschera”, che potesse rappresentare la contemporaneità ed esorcizzare le paure e i vizi delle persone, portando il pubblico a misurarsi con essi. Rispetto al passato viviamo in un mondo con una mobilità sociale più forte, ma ugualmente conformista quando si parla di apparenza. Per questa ragione i personaggi risultano estremamente appariscenti e colorati, portati all’eccesso in un realismo grottesco, come se loro stessi facessero di tutto per non essere o sembrare blasé.