"Dai ’60s ai ’60s", la pop art a Palazzo Carignano
Cento anni dopo, nel 1961, l’Italia entra a pieno titolo nella contemporaneità. Boom economico, aumento significativo del PIL, esplosione demografica verificata con il censimento del 1961, definitivo inurbamento e spostamento migratorio interno verso le metropoli, dove si trova una maggiore occupazione rispetto alle campagne e alla provincia. Il volto dell’Italia cambia rapidamente, anche se sono passati appena quindici anni dalla fine del fascismo e della devastazione bellica.
Ed è in quegli anni che anche in Italia esplode la Pop Art, espressione dell’arte dei paesi più evoluti, Inghilterra e Stati Uniti in particolare, diventando almeno fino al 1967 il genere pittorico più interessante proprio perché intrinsecamente collegato ai fenomeni sociali del tempo.
E, forse per la prima volta, sorpassa un certo regionalismo tipicamente italico per affermarsi a livello nazionale: da Roma - con gli artisti di piazza del Popolo - a Milano; da Firenze a Torino, che proprio nel 1961 ridisegna l’intero quartiere di Italia ’61, la Pop Art di casa nostra stabilisce un ponte soprattutto con New York, in particolare per la leggendaria mostra The New Realist alla Sidney Janis Gallery che vede la partecipazione, tra gli altri di Mimmo Rotella e Mario Schifano.
Dai ’60s ai ’60s presenta il decennio ottocentesco attraverso la selezione di due tempere del racconto per immagini di Carlo Bossoli, reporter eccezionale dei fatti d’arme delle località e delle battaglie che fecero da sfondo all’unificazione nazionale e la cui notissima collezione, commissionata da Eugenio di Savoia Carignano e dagli editori londinesi Day & Son, fa parte dell’esposizione permanente del Museo. Larga parte dell’illustrazione è rappresentata poi dalla pittura di storia che, lanciata dal Concorso Ricasoli nel 1859, dilagò negli anni Sessanta dell’Ottocento, divenendo un vero e proprio fenomeno di moda.