Da Piffetti a Ladatte, mostra sulle arti decorative alla Fondazione Accorsi-Ometto
La Fondazione Accorsi-Ometto, dopo una serie di esposizioni dedicate alla pittura italiana, torna a proporre una mostra sulle arti decorative, questa volta incentrata sulle acquisizioni fatte per incrementare la collezione permanente del museo. L’esposizione, curata da Giulio Ometto, Presidente della Fondazione e da Luca Mana, conservatore del Museo, consente, quindi, di ammirare un centinaio di pezzi, tra gli oltre duecentocinquanta acquistati negli ultimi dieci anni, e di far percepire il museo come un’istituzione in continuo divenire: i mobili, i dipinti, le miniature, gli orologi, gli argenti e gli oggetti montati, esposti in mostra, rappresentano tutti un omaggio incondizionato alle arti decorative.
Il Museo Accorsi-Ometto nasce con lo scopo di far conoscere al pubblico uno straordinario patrimonio di arredi e di opere d’arte. Tra i suoi compiti, oltre a salvaguardare l’arte del XVIII e XIX secolo, ha anche quello di ampliare le proprie raccolte, mantenendo inalterato il gusto e lo spirito collezionistico del fondatore, Pietro Accorsi. L'infaticabile operato e il profondo amore per l’antiquariato del Presidente hanno fatto il resto: in questi ultimi dieci anni, infatti, non solo è stato possibile l’acquisto di importanti oggetti di arte decorativa, ma anche il recupero di capolavori senza tempo, finiti all’estero e riportati a Torino, come il cofano-forte di Pietro Piffetti e le tre sculture di Francesco Ladatte.
Il gusto per l’arredamento settecentesco, da una parte, e il collezionismo, dall’altra, sono due facce della stessa medaglia: il famoso “gusto Accorsi” è stato mantenuto dal suo successore, Giulio Ometto, che ha arricchito il Museo di nuovi oggetti, cercati e scelti appositamente per impreziosire le sale arredate. Ogni singolo pezzo è stato selezionato, perseguendo una personalissima passione per il bello e per gli oggetti preziosi. Ne sono un esempio: l’incantevole Venditrice di Amorini in biscuit di Meissen del 1790-1800; le miniature francesi che ritraggono elegantissimi gentiluomini e nobildonne del XIX secolo; gli oggetti montati dove le porcellane della manifattura di Vincennes si alternano a quelle della dinastia Qing o a quelle della manifattura di Meissen, in un tripudio di bronzi dorati, scene galanti e delicate statuette.
La dedizione di Accorsi nel ricercare e raccogliere pezzi del Settecento è preservata dal desiderio di accrescere il già ampio numero di mobili piemontesi: fanno, infatti, bella mostra di sé il tavolino da centro di Pietro Piffetti, databile 1750, caratterizzato da una mensa ottagonale, decorata da una raggiera di coralli in avorio colorato, e da un movimento dolcemente sinuoso dei montanti e delle quattro volute, unite al centro in un originalissimo piedistallo pensile; la scrivania “mazzarina”, impiallacciata in legno e avorio, dell’inizio del XVIII secolo, destinata, quasi sicuramente, viste le piccole dimensioni e la presenza del monogramma “VA”, al principino Vittorio Amedeo Filippo di Savoia, prematuramente scomparso all’età di sedici anni; la pregevole consolle da muro del 1720-1730, che, nelle evoluzioni degli intagli, ricorda le argenterie del torinese Andrea Boucheron o gli arredi dei fratelli Riva; infine il bel gruppo di quattro poltrone, della metà XVIII secolo, in legno intagliato e dorato, decorate da un rivestimento tessile a piccolo punto, raffigurante scenette all’orientale e realizzate certamente su modelli francesi.
Su questo filone si inseriscono, allo stesso modo, i pezzi comperati alle aste internazionali: il raro ed elegante cofano-forte del Piffetti, intarsiato in palissandro, pruno e avorio colorato e risalente al 1750-1770, fu acquistato a un'asta Sotheby's nel 2013; mentre i tre gruppi scultorei in terracotta del Ladatte, raffiguranti le Allegorie dell'Autunno e dell'Inverno e Il Trionfo della Virtù incoronata da geni e attorniata dalle Arti Liberali, furono acquistati a Parigi nel 2014 e nel 2017; anche il candeliere in bronzo dorato, su modello di Juste-Aurèle Meissonier, rischiava di restare all’estero, mentre adesso, dopo il suo acquisto a Parigi nel 2016, è tornato nuovamente a Torino. Questi oggetti, insieme con i due ritratti di Giovanni Panealbo, raffiguranti Vittorio Amedeo III di Savoia e la figlia Maria Teresa, e con quello della principessina Maria Luisa Gabriella di Savoia di Louis-Michel van Loo, testimoniano la produzione artistica nel Regno sabaudo e l'esistenza di un raffinato collezionismo legato alla corte.
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