Il coro del Teatro Regio all'Auditorium Grattacielo SanPaolo
Mercoledì 26 gennaio alle ore 20.30 all’Auditorium del grattacielo Intesa Sanpaolo, il maestro Andrea Secchi dirige il Coro del Teatro Regio, con Paolo Grosa al pianoforte. Il programma prevede: il Quartetto pastorale; I gondolieri, La passeggiata, Toast pour le nouvel an e Il carnevale di Venezia dai Péchés de vieillesse di Gioachino Rossini; Les Norwégiennes e Les Nymphes des bois di Léo Delibes e Zigeunerlieder (Canti zigani) di Johannes Brahms. I biglietti per il concerto sono esauriti.
Il concerto si apre con qualche “peccato di vecchiaia” di Rossini, pensato per intrattenere gli ospiti nella dimora parigina del musicista. A partire dal 1855 Rossini, da tempo assente dalla scena teatrale e ormai guarito da una lunga malattia nervosa, cominciò a scrivere una serie di piccoli pezzi per pianoforte, per complessi da camera o per coro: le composizioni (che egli chiamava “péchés de vieillesse”) erano destinate all’uso domestico, ma la loro bellezza e la loro grazia le resero subito oggetto delle ambizioni di vari editori. Il carnevale di Venezia fu composto per una mascherata romana del 1821 che lo vide intonato per le strade da Niccolò Paganini, Massimo d’Azeglio, dal soprano Caterina Lipparini e da Rossini stesso, travestiti da musicisti ciechi mendicanti; il Quartetto pastorale proviene dal Coro di giubilo “L’Asia in faville è volta” dell’opera Aureliano in Palmira, che debuttò alla Scala nel 1813.
La laguna veneziana tanto amata e legata ai suoi esordi teatrali è lo sfondo dei graziosi quartettini della Passeggiata e dei Gondolieri che incorniciano il primo Album italiano della raccolta. Infine, al Rossini più esilarante, quello dei frenetici concertati delle sue opere comiche, si rifà l’ottettino Toast pour le nouvel an (dal secondo Album francese), congedo festoso che abbina con assoluta disinvoltura le gioie conviviali alla devozione verso la Santa Vergine.
Entrambe pubblicate nel 1885 e destinate a un organico femminile, le composizioni di Léo Delibes Les Norwégiennes su testi di Philippe Gille e Les Nymphes des bois su versi di Charles Nuitter si distinguono per la ricchezza melodica, l’eleganza del tono e il colore strumentale. Lontane dalla civetteria e dal sentimentalismo di certo repertorio Belle Époque, queste autentiche rarità evocano con grazia tutto l’incanto dei paesaggi nordici invernali o dei boschi freschi e ombrosi in estate.
Composti nell’estate del 1887 su canti d’amore ungheresi tradotti in tedesco dall’amico Hugo Conrat, i Zigeunerlieder (Canti zigani) op. 103 per coro e pianoforte rappresentano l’ultimo omaggio di Brahms (dopo le travolgenti Danze ungheresi) al variopinto mondo zigano che aveva conosciuto in gioventù. Benché ciascuno di questi Lieder abbia un’identità autonoma, essi hanno diversi elementi in comune, come l’uso di ritmi irregolari e sincopati (che danno una forte suggestione folclorica), la ricerca di sonorità affini a quelle del cymbalum (strumento tipico dell’Est Europa) e il ricorrente tema amoroso. Che un uomo così severo, taciturno e per nulla mondano come Brahms si fosse dato a simili frivolezze poteva sorprendere l’ascoltatore abituato alla sua austera solidità formale. Ma il fascino e la freschezza di questi canti gitani finirono col procurare all’autore un’ammirazione e una popolarità illimitate.