Castello di Miradolo, caccia al tesoro botanico di Pasquetta
Con oltre 160 esemplari di camelie, tra le varietà più antiche e rare d’Italia, la Fondazione Cosso dedica l’intero mese di aprile alla presentazione del progetto di recupero, salvaguardia e riscoperta delle piante simbolo di eleganza e raffinatezza con un programma di iniziative, appuntamenti didattici a tema, incontri, visite guidate e degustazioni di tè, occasioni uniche di approfondimento e di promozione della cultura botanica e del paesaggio. Lunedì 18 aprile, per Pasquetta, è in programma una divertente caccia al tesoro nel Parco del Castello di Miradolo (TO). Un’ambientazione del tutto particolare, tra miti e leggende sul mondo delle camelie. Le famiglie, dopo aver ricevuto da una guida naturalistica tutte le informazioni necessarie, partiranno insieme alla scoperta del misterioso arbusto dalle origini orientali. In collaborazione con Grandi Giardini Italiani.
Costo: 5 euro, a partire dai 6 anni
Il camelieto
Nell’ambiente protetto del Parco del Castello di Miradolo si trovano oltre 130 giovani esemplari di camelie propagate da piante vetuste appartenenti a due tra le collezioni di camelie più antiche e pregevoli d’Italia, provenienti dal giardino dell’ex Albergo Eden di Verbania Pallanza e dal Parco di Villa Durazzo Pallavicini di Genova Pegli. Alle camelie ottocentesche introdotte dalla Contessa Sofia Cacherano di Bricherasio, ultima discendente della famiglia e proprietaria della dimora fino al 1950, si affiancano così le nuove cultivar, recuperate e salvate dall’abbandono.
Il progetto di piantamento diffuso ha preso il via nel 2019 con l’obiettivo di mantenere e far sopravvivere un ingente patrimonio botanico formato per il 50% da esemplari unici in Italia, oltre alle piante madri decisamente vetuste, in alcuni casi a rischio estinzione. Nel 2020 è stato avviato lo studio e la caratterizzazione dei giovani esemplari introdotti nel Parco del Castello di Miradolo e di quelli già esistenti, da parte di un gruppo di esperti dell’Università degli Studi di Torino guidati da Valentina Scariot del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA), con la collaborazione dell’agronomo Andrea Corneo, presidente della Società Italiana della Camelia.
La camelia
Al genere Camellia appartengono circa 320 specie botaniche, tutte originarie del Sud Est asiatico, da una vasta area che va dal Giappone alla Cina, fino al Vietnam. La più conosciuta in Europa è Camellia japonica, originaria del Giappone, quella più coltivata al mondo è la pianta da tè (Camellia sinensis), sulla quale si regge l’economia agricola di intere regioni geografiche.
Il viaggio che dall’Oriente portò la camelia in Europa venne compiuto ad opera degli inglesi, che sul finire del ‘600 esplorarono le “Indie Orientali” alla ricerca di territori da scoprire e conquistare. Durante la prima metà del XIX secolo, i giardini si riempirono di nuove camelie, selezionate un po’ in tutta Europa, in luoghi particolarmente vocati alla loro coltivazione. Portogallo, Francia, Inghilterra, Spagna, Belgio e Italia furono, in quel periodo, fucine di nuove cultivar dai fiori sempre più grandi, doppi, variegati e sfumati, che ancora oggi popolano i giardini storici europei.
Nel solco dell’orientalismo, al pari, se non in misura maggiore rispetto alle altre nazioni europee, in Italia si diffuse una vera e propria mania. In ogni giardino dell’800, aristocratico, borghese, così come in quelli meno pretenziosi, la presenza della camelia era un obbligo. Incominciò l’epoca della “cameliomania” che portò il fiore ad assumere significati politici (“fiore del Risorgimento”) e letterari (“La Dama delle Camelie” e “La Traviata”).
La prima persona, in ambito nazionale, che lesse la camelia come una pianta adatta all’esterno fu il torinese Luigi Colla. Alcune località italiane si distinsero per particolare vivacità nella conseguente attività vivaistica che questa ampissima diffusione impose: Firenze e Lucca, Genova e il Tigullio, il lago Maggiore, Milano, Brescia, Roma, Napoli. Grazie alla possibilità di ottenere sempre nuove caratteristiche floreali, differenti per forma e colore, furono selezionate tantissime nuove varietà nominate e dedicate a personaggi illustri, luoghi, vicende storiche.
Dopo anni gloriosi in cui in ogni giardino dell’Ottocento la presenza di piante di camelia era d’obbligo, sul finire del secolo l’interesse per questo fiore si è affievolito fino quasi a scomparire. Molti vivai sono stati chiusi, la nomenclatura si è persa, anche nelle collezioni e nei giardini botanici. L’assenza di profumo, che accomuna quasi tutte le camelie, fu additata come la causa principale della perdita di interesse verso questa specie. Solo a metà degli anni ’60 del Novecento, grazie ad alcuni studiosi ed esperti floricoltori della Società Italiana della Camelia, l’attenzione per questa pianta rinasce in un’ottica di tutela della biodiversità e alla fine degli anni ’90 l’Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte, con il sostegno del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, avvia un articolato programma per il recupero del germoplasma locale sul cui solco si inserisce il progetto sviluppato a Miradolo.