"Bolero", appuntamento con la danza al Teatro Marchesa
Sabato 28 luglio ore 21 al Teatro Marchesa in Corso Vercelli 141, Torino, si conclude la quarta edizione del Festival estivo a cadenza biennale “La Danza non Va in Vacanza”con un gradito ritorno del corpo di ballo “Modern Dance Academy” diretto da Katia e Loris Tromboni con “Bolero” di Ravel con la coreografia di Patrizia Crepaldi e a seguire un trittico di balletti:”Note di Bach” coreografie Alessandra Calore, “Chicago” Coreografie Brian Bullard e “Idgaf” Coreografie Katia Tromboni.
Il “Bolero”composto da Maurice Ravel nel1928è una musica daballetto divenuta celebre anche come brano da concerto. È sicuramente ilbrano più celebre mai composto, nonché l'opera più popolare del compositore. La composizione fu commissionata da parte diIda Rubinštejn, una ballerina russa. Il“Bolero” andò in scena all'Opéra national de Paris il 22 novembre1928, diretto da Walter Straram con le coreografie di Bronislava Nijinska e con Ida Rubinštejn. Il balletto originale è una sorta di ballo rituale durante il quale una donna danza in modo seducente su un tavolo, mentre un gruppo di uomini si avvicinano a lei sempre più, con il crescere della musica. Esistono altre letture del balletto, come quella di Maurice Béjart che assegnò la parte principale ad un danzatore, o quella di Aurel Milloss, ambientata in una taverna.
Il Corpo di Ballo “Modern Dance Academy” avrà una versione coreografata da Patriza Crepaldi che non si allontana dal tema originale ma con uno sguardo più moderno. Il Corpo di Ballo danzerà altri tre balletti, una versione di “Chicago” dall’omonimo musical coreografato da Brian Bullard, un classico del compositore “Bach” coreografato da Alessandra Calore e per terminare con un astratto della coreografa Katia Tromboni “Idgaf”.
Il Festival non è altro che un proseguimento della settima stagione invernale “BarrieraDanza” conclusasi a Maggio. Un gran successo dato dalla qualità degli spettacoli e dimostrato dalla quantità di pubblico per una sfida vinta in Barriera di Milano. Un’ ulteriore dimostrazione che anche con mezzi limitati ma grande volontà e capacità si possono creare poli culturali anche nelle zone non centrali della città.