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Uber Eats dismette il servizio su Torino, licenziati i riders: "Noi sfruttati non sappiamo come fare"

Presidio presso la sede dell'INPS di via XX Settembre per chiedere che vengano garantiti gli ammortizzatori sociali

Uber Eats chiude, dal 15 luglio non saranno più effettuate consegne a domicilio sotto quel marchio e le centinaia di riders che fino a oggi hanno lavorato per l'azienda verranno licenziati e non potranno godere di alcun paracadute sociale. Per loro non ci sarà cassa integrazione e neppure disoccupazione, questo perché, nonostante il tribunale di Torino abbia stabilito che si tratta di lavoratori dipendenti e non autonomi, il loro inquadramento contrattuale non prevede alcun sostegno al reddito. 

Piove dunque sul bagnato, ovvero sulla testa di lavoratori precari, fragili, che hanno uno stipendio che non raggiunge le 600 euro al mese e che con quei soldi devono magari mantenere anche una famiglia. Per questo motivo oggi - giovedì 6 luglio - una cinquantina di questi si sono radunati davanti alla sede dell'INPS di via XX Settembre per chiedere che venga garantita la continuità salariale. 

"C'è una grave problematica", spiega Daniele Mallamaci del Sì Cobas, "Chiederemo che ci sia garanzia del salario per loro. Non hanno di fatto diritto a nulla, ma ci sono gli strumenti per attivare forme di garanzia del salario. Sono lavoratori che hanno necessità comuni a tutti in un periodo di grave crisi economica. Chiederemo lo stesso anche alla Regione Piemonte. La problematica che formalmente sono inquadrati con un contratto che non prevede ammortizzatori sociali non regge, il tribunale ha stabilito che non è così". 

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