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Venerdì, 26 Aprile 2024
Economia Mirafiori Sud

Intervista a Pino Capozzi, licenziato dalla Fiat per un volantino: "Lo rifarei"

Quadro Fiat e delegato Fiom, nel 2010 venne allontanato per un volantino fatto girare attraverso la mail aziendale. Poi il reintegro. Ma ora lo attende un nuovo processo. L'abbiamo intervistato

Era il luglio del 2010, quando Pino Capozzi, quadro Fiat e delegato Fiom, venne licenziato. Mancavano pochi giorni all'accordo su Pomigliano e la dirigenza decise di fare a meno di lui. La causa scatenante gira attorno a un volantino.

Le ragioni dell'allontanamento dal posto di lavoro ruotano attorno ad un volantino, fatto girare attraverso la mail aziendale. Il documento era quello prodotto dagli operai di Tichy, in Polonia, per spingere a non accettare l'accordo avanzato dall'azienda nello stabilimento campano.  La Fiat afferma che quella di Capozzi sia stata "una palese violazione del regolamento aziendale sull'uso della posta interna".

Un volantino conosciuto, presente nello spazio riservato alle comunicazioni sindacali. Per la dirigenza Fiat, l'atto compiuto dal dipendente Capozzi ha violato il rapporto di fiducia tra le parti. Per la giustizia, quella di primo grado, la Fiat ha tenuto un comportamento antisindacale. Dopo 8 mesi il delegato Fiom ha potuto nuovamente varcare i cancelli di Mirafiori. Ma la storia non è finita. L'azienda ha deciso di ricorrere in appello contro il reintegro sancito dal tribunale del lavoro.

Per comprendere le ragioni della decisione della casa automobilistica torinese abbiamo posto alcune domande a Pino Capozzi, oggi in Fiat che, da gennaio, dovrà affrontare un nuovo processo.

-E' arrivata da pochi giorni la notizia del ricorso presentato dalla Fiat contro la sentenza di reintegro, pronunciata a marzo dal tribunale del lavoro. Ti aspettavi una simile presa di posizione da parte dell'azienda e come ti hanno comunicato questa decisione?

L'auspicio mio personale era quello di vedere terminata la vicenda con la sentenza del 3 marzo scorso anche se - tanto per la Fiom quanto per i legali - era chiaro che questo ricorso potesse arrivare. Lo avevamo messo in conto, in qualche modo da sempre "metabolizzato". Il ricorso e la data dell'udienza di appello (17/01/2012 ore 9.00) mi sono stati comunicati dai miei legali. Adesso, insieme a loro affronterò meglio i dettagli del ricorso.

-Quali erano le ragioni che hanno portato il giudice a stabilire il tuo rientro a Mirafiori?

Il Giudice ha accolto la nostra istanza, sentenziando che l'utilizzo del bene aziendale era residuale rispetto al contenuto della e-mail ritenuto, invece, di natura strettamente sindacale. Era quindi chiara l'antisindacalità dell'azienda nel provvedimento di licenziamento, in quanto inflitto in reazione alla legittima attività svolta da un rappresentante Fiom, riconosciuto tale anche dall'azienda stessa.

-Credi che tanta determinazione da parte della Fiat abbia delle valenze politiche? Come a dire: dimostrare che hai sbagliato può essere un messaggio chiaro per gli altri dipendenti, soprattutto nelle dinamiche che regolano il rapporto tra sindacati e azienda...

Si, credo ci sia una chiara valenza politica nella battaglia che sta portando avanti l'azienda nei miei confronti, o meglio, nei confronti della Fiom per tutto il contesto nazionale che sappiamo. E' evidente inoltre che la mia figura di Professional nel quartier generale di Torino-Mirafiori, oltretutto agli Enti Centrali, non può causare perdite di produzione o economiche, ma, certamente, se vincente in Tribunale, perdite d'immagine. Questo non è per loro tollerabile.

-Come vedono i tuoi colleghi la battaglia sindacale che stai portando avanti, nonostante tutto?

I miei colleghi sono diventati sempre più sensibili alla vicenda anche perché maggiormente consci di ciò che il piano Fabbrica Italia può essere per Mirafiori. Quanto alla mia battaglia personale, la loro risposta più importante e tangibile l'ho ricevuta lo scorso 26 maggio alle elezioni di rinnovo RSU: 112 preferenze, il secondo Fiom più votato degli Enti Centrali.

-Ti sei mai pentito di aver lottato per i diritti dei lavoratori?

Ho sempre creduto nell'azione sindacale della FIOM-CGIL e quindi ti dico no. Non sono pentito e lo rifarei. Anche se può sembrare una frase fatta, il lavoro è dignità e lottare per conservarla è il minimo che un sindacalista possa fare; inoltre, farlo mi arricchisce: mi fa "guardare negli occhi" le future generazioni e non mi fa avere rimpianti nei loro confronti.

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