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Economia

Cassa integrazione: calo del 25,4% in Piemonte, in Italia del 37,9%

Il Piemonte è al 2° posto per richieste di ore di cassa integrazione

In Italia, nei primi sette mesi del 2018, sono state richieste 139.542.896 ore di cassa integrazione, in discesa del 37,9% rispetto allo stesso periodo del 2017. Il dato emerge delle analisi del Servizio politiche attive e passive del lavoro della UIL Nazionale.
In Piemonte la richiesta è stata di 17.596.583 ore, in diminuzione del 25,4% (+4,8% ordinaria, -39,8% straordinaria, -97,5% deroga). La media mensile dei lavoratori piemontesi tutelati è stata di 14.787, con un calo di 5.044 unità rispetto all’anno precedente. Il Piemonte è al 2° posto per richieste di ore di cassa integrazione, preceduto dalla Lombardia

Dati provinciali

L’andamento delle ore nelle province piemontesi, nel confronto tra primi sette mesi del 2018 e del 2017, è stato il seguente: Verbania +104,7%, Cuneo +15,9%, Alessandria -24%, Torino -29,4%,  Vercelli -30%, Novara -36,5%, Asti -40,1%, Biella -68,3%.
Torino, con 9.874.912 ore richieste nei primi sette mesi di quest’anno si conferma la prima provincia italiana, seguita da Milano e Roma. Tra i maggiori aumenti dei primi sette mesi del 2018 rispetto al 2017 c’è Verbania che si colloca al 3° posto con un aumento del 104,7%. 

Settori produttivi

Nella nostra regione, la variazione percentuale della cassa integrazione per settori produttivi ha registrato: -24,1% Industria, -10,7% Edilizia, -99,8% Artigianato, -46,4% Commercio, 0% Settori vari, per un totale di -25,4%.

 Dichiara il segretario generale Uil Piemonte Gianni Cortese:

“Le ore di cassa integrazione nella nostra Regione, nei primi sette mesi dell’anno, sono scese di un quarto rispetto allo stesso periodo del 2017. Le imprese piemontesi, però, viaggiano con velocità e prospettive diverse. Se, da una parte, continua il trend positivo di quelle esportatrici, dall’altra, i consumi interni, che non decollano adeguatamente, condizionano negativamente chi produce beni ed eroga servizi destinati, in prevalenza, al mercato nazionale. Preoccupano, inoltre, il massiccio ricorso a forme di lavoro temporanee nelle assunzioni e il rapido esaurimento degli ammortizzatori sociali per le imprese che non hanno ancora superato le loro difficoltà”. 
 

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