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Cronaca Barriera di Milano / Via Rondissone, 8

Ragazzina di 13 anni violentata per mesi, ma la comunità religiosa lo nasconde

Un anziano santone era stato arrestato nel maggio 2016 e tra pochi giorni inizia il processo. A rivelare il caso è stata una psicologa

Una ragazzina di 13 anni è stata violentata più volte e per mesi, ma gli abusi sono stati nascosti e anzi insabbiati dalla comunità Bahà'i (una religione abramitica monoteista nata in Iran durante la metà del XIX secolo) di Torino, di cui la sua famiglia faceva parte.

Ai genitori, anzi, è stata offerta anche una somma di denaro affinché tacessero. "Un aiuto, non un ricatto", aveva prescritto l’Assemblea nazionale che, istituita una commissione, aveva allontanato l'anziano violentatore. La comunità ha sede in via Rondissone 8/B, nel quartiere Barriera di Milano.

La vittima, di famiglia molto povera, andava male a scuola. E così uno degli anziani della comunità aveva convinto i genitori a portarla in quei locali la domenica mattina perché prendesse ripetizioni. Invece, per lei è stato l'inizio di un incubo.

La vicenda è già arrivata in un'aula giudiziaria. Il prossimo 18 aprile, infatti, si aprirà l'udienza preliminare nei confronti di coloro che sono coinvolti nella vicenda: il santone accusato di violenza sessuale (difeso dall'avvocato Daniela Rossi) e il custode del locale accusato di favoreggiamento (difeso dall'avvocato Erica Gilardino) perché avrebbe alla vittima chiesto di "evitare di parlare con altri" di quanto aveva subito; scagionata invece la moglie di quest'ultimo.

Deve rispondere di omessa denuncia anche la psicologa che la comunità aveva messo a disposizione della famiglia in un primo momento. Anche lei, infatti, non aveva denunciato le violenze pur essendone venuta a conoscenza. Il presunto violentatore è in carcere dal maggio 2016 dopo un ordine di custodia cautelare spiccato dal gip Mariafrancesca Abenavoli, su richiesta del pm Mario Bendoni che conduce l'inchiesta. Dalle intercettazioni nella vicenda risultano inoltre che numerose persone della comunità hanno cercato di fare di tutto per impedire che la vicenda giungesse alle autorità.

A rompere il muro di omertà intorno alla vicenda è stata la seconda delle due psicologhe che ha seguito la giovane, dopo che la famiglia (che verrà assistita nel processo dall'avvocato Emanuela Martini) si è trasferita in un'altra località.

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