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Cronaca

Nasconde la paternità della bambina all'ex marito, che si allea con l'ex amante e la fa condannare

Accusata di truffa

Due mesi e 20 giorni di carcere. Una pena detentiva pressoché simbolica, che sicuramente non sconterà in carcere. Ma insieme a questa dovrà risarcire l'ex marito di tutte le somme ricevute dopo la separazione per il mantenimento della figlia.

È la sentenza pronunciata a inizio marzo 2019 dal giudice Roberto Ruscello del tribunale di Torino nei confronti di una donna accusata di truffa dall'ex consorte a cui aveva taciuto che la bambina era in realtà stata concepita non con lui, ma con il suo amante. E tutto era andato avanti per più di dieci anni. E anche, appunto, dopo la separazione, con i giudici che le avevano accordato un assegno di mantenimento di 550 euro al mese.

Lei, difesa dall'avvocato Giovanni Passero, ha sempre sostenuto di non sapere che la bambina non fosse dell'ex marito, rappresentato dall'avvocato Francesca Peyron, ma è stata smascherata da una lettera scritta all'amante in cui emerge chiaramente l'opposto. Era stato proprio quest'ultimo, un istruttore di guida che invece avrebbe voluto conoscere sua figlia, a contattare l'altro uomo, per raccontargli della relazione extraconiugale durata dieci anni. Il test di paternità a cui i due si erano sottoposti aveva fatto emergere la verità, ma solo due anni dopo la separazione.

In aula l'accusa è stata sostenuta dal pm Francesco Pelosi.

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