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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Protesi in cambio di denaro e troppi pazienti “venuti da lontano”: 21 indagati

Tra medici, chirurghi e rappresentanti

Ventuno persone indagate tra rappresentanti, medici di base e chirurghi, oltre venti perquisizioni e cento uomini della Guardia di Finanza impegnati tra Torino, Monza, Milano, Lecco, Como, Bergamo, Varese, Bologna, Rimini e Salerno.

Un'indagine complessa e vasta quella condotta dagli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria delle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Milano e coordinata dalla Procura della Repubblica di Monza che ha portato alla luce un giro di corruzione che ha colpito il settore della Sanità.

Gli arresti

L'inchiesta, denominata "Disturbo" dal nome in codice con cui i rappresentanti di una società monzese che commercializza protesi, la Ceraver Italia, chiamavo il denaro corrisposto ai medici o agli ortopedici coinvolti per ottenere favoritismi nell'acquisto di prodotti, ha portato all'esecuzione di 21 misure cautelari.

CHI SONO - Cinque persone, tra cui tre medici chirurghi specialisti in ortopedia, un responsabile commerciale della società e un agente di zona, sono stati raggiunti dalla misura di custodia cautelare in carcere e risultano indagate a vario titolo per associazione per delinquere, corruzione e falso ideologico in atti pubblici. Altre nove persone, sei medici chirurghi e tre medici di base convenzionati con il Sistema Sanitario Nazionale, sono state raggiunte dalla misura degli arresti domiciliari, altri sei medici di base risultano essere stati sospesi dall'attività e un agente di commercio intermediario della Ceraver è stato colpito dal provvedimento di obbligo di dimora nel comune di residenza.

Le accuse

I soggetti coinvolti, rappresentanti della società, agenti di zona, medici di base e chirurghi ortopedici, devono rispondere a vario titolo delle accuse di associazione per delinquere, corruzione e falso ideologico in atti pubblici. Secondo quanto ricostruito, la società monzese attiva nella commercializzazione di protesi medicali sarebbe riuscita, tramite un responsabile commerciale e agenti di commercio, a convincere chirurghi operanti in strutture private convenzionate con il Sistema Sanitario Nazionale ad acquistare prodotti e protesi della società stessa, tramite il pagamento di un "disturbo", cioè di una somma in denaro concordata e di altre varie forme di remunerazione tra cui cene, regali, viaggi e biglietti aerei. Oltre ai medici chirurghi risultano coinvolti anche diversi medici di base grazie ai quali i venditori, attraverso il reclutamento nel bacino di pazienti dei medici di famiglia, riuscivano ad ampliare il numero di persone da sottoporre a interventi chirurgici, attingendo anche a pazienti provenienti da fuori regione per i quali venivano create delle vere e proprie "corsie preferenziali" poiché gli interventi per i soggetti extra-regionali non sono sottoposti a tetti di spesa imposti dalla normativa regionale.

Medici arrestati, le indagini

Le indagini sono iniziate in seguito a un esposto presentato da un medico operante all'interno del Policlinico di Monza che ha sollevato dubbi riguardo alla gestione dell'acquisto di protesi per interventi chirurgici all'interno della struttura privata convenzionata con il sistema sanitario nazionale all'interno della quale qualcuno operava mettendo davanti alle esigenze terapeutiche dei pazienti il proprio personale interesse. Così, in seguito alla segnalazione, sono iniziati gli accertamenti. I riscontri hanno evidenziato che in alcune strutture private convenzionate con il S.S.N. emergeva un numero elevato di pazienti sottoposti a interventi chirurgici per installazione di protesi, molti dei quali provenienti da fuori regione. Grazie alle intercettazioni telefoniche, ambientali e a servizi di osservazione e pedinamento gli inquirenti sono riusciti a ricostruire l'attività indebita che coinvolgeva i rappresentanti, i medici chirurghi e i medici di base. Tra i chirurghi arrestati figurano due medici operanti per il Policlinico di Monza e la Clinica Zucchi. 

Al centro del giro di corruzione c'erano anche i medici di famiglia che rappresentavano un elemento strategico per l'ampliamento del bacino di pazienti da sottoporre ad interventi chirurgici, privilegiando il reclutamento di quelli provenienti da altre regioni proprio perché le prestazioni nei confronti dei pazienti extra-regionali non sono soggette ai tetti sui rimborsi fissati dalla normativa regionale. Per aumentare il numero dei pazienti a cui impiantare le protesi, dietro il pagamento di un compenso illecito, i medici mettevano i loro studi medici a disposizione dei chirurghi ortopedici individuati dai venditori. In questo modo, i medici di famiglia, oltre a ottenere un compenso fisso dai venditori pari a circa 300 euro mensili, ottenevano dagli ortopedici una somma pari al 20 per cento circa di quanto corrisposto dal paziente. 

I medici chirurghi inoltre oltre al "disturbo" in denaro ottenuto per il compiacente acquisto delle protesi da impiantare, percepivano, come previsto, una quota di partecipazione al "D.R.G." spettante ai medici per le prestazioni sanitarie pubbliche eseguite e per ogni intervento eseguito associato all'impianto di protesi presso una clinica convenzionata con il S.S.N., che oltre a una base mensile prevede un corrispettivo che oscilla tra il 10 e il 15 per cento sul fatturato prodotto e rimborsato dal SSN per ciascun episodio di ricovero in convenzione che si aggira, nello specifico caso, tra gli 11 e i 13mila euro. 

Ad aggravare le accuse nei confronti di alcuni dei medici chirurghi c'è anche il capo di imputazione relativo al falso in atti di ufficio in quanto, al fine di aumentare il numero di interventi e quindi di remunerazioni relative all'acquisto compiacente di protesi e di compartecipazione al D.R.G., molti medici chiedevano a propri colleghi di attestare falsamente la propria presenza in sala operatoria come secondo operatore durante gli interventi di impianto di protesi, violando le disposizioni regionali che impongono la presenza di due chirurghi durante gli interventi. 
 

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