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Cronaca

Pacchi bomba ai magistrati, tre anarchici traditi dal web e dalle buste low cost: arrestati

I pacchi bomba erano stati consegnati a giugno del 2017, gli arresti martedì mattina

Tre buste. Tre bombe. Lettere esplosive che avrebbero potuto mutilare e uccidere chi le avrebbe aperte. Per innescare l'esplosione, infatti, bastava che venisse strappata la carta della busta. Ordigni che erano stati consegnati dai servizi postali nel giugno 2017 a due pm della procura di Torino e al direttore del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di Roma.

E i presunti responsabili sono stati arrestati nella mattinata di martedì 21 maggio dai carabinieri del Ros in seguito a un'indagine coordinata dal capo del pool antiterrorismo milanese Alberto Nobili e dal pm Piero Basilone.

I presunti responsabili

"Attentato per finalità terroristiche". È l'accusa, pesantissima, a cui devono rispondere Giuseppe Bruna, 49enne argentino trapiantato a Ferrara; Robert Firozpoor, 23enne infermiere modenese di origine iraniana e Natascia Savio, 35enne di origine torinese ma che vive vicino a Bordeaux (Francia) dove svolge lavori stagionali nel campo della viticoltura. 

Sarebbero loro, secondo gli investigatori, le tre persone che avrebbero confezionato e spedito i tre pacchi bomba che erano stati recapitati ai pm della procura di Torino Roberto Maria Sparagna e Antonio Rinaudo, oltre al direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di Roma Santi Consolo.

Le indagini

Gli inquirenti sono arrivati ai tre presunti responsabili seguendo un sottile fil rouge. I primi indizi utili per le indagini sono stati i nomi dei mittenti fittizi sulle buste con gli ordigni esplosivi. Il loro minimo comune denominatore? Erano stati presi da due siti web. E scandagliando i dati relativi agli accessi gli investigatori sono riusciti a individuare il computer da dove, il 27 maggio 2017, sarebbero stati eseguiti gli "stamp": un pc di un phone center di Genova.

Un altro dettaglio che ha portato a individuare i tre presunti responsabili riguarda le buste in cui erano state spedite le bombe. Tutte e tre avevano un appunto a matita: "0,40", il prezzo dei tre articoli. "Siamo riusciti a individuare l'unico negozio di Genova in cui vengono vendute queste buste a questo prezzo", ha spiegato durante la conferenza stampa a Milano il capo del pool antiterrorismo milanese Alberto Nobili. E l'acquisto è stato immortalato dalle telecamere di videosorveglianza di una chiesa, a poco meno di 900 metri dal phone center. E proprio grazie ai fotogrammi degli occhi elettronici gli investigatori sono arrivati a identificare i presunti responsabili, tutti volti noti per gli uomini del Ros.

Il video con l'acquisto delle buste 

Sono così scattati i pedinamenti e le intercettazioni. Per oltre un anno e mezzo gli investigatori hanno osservato e ascoltato quello che facevano i tre presunti responsabili. Fino a martedì mattina, quando sono scattate le ordinanze di custodia cautelare.

Non solo, le indagini avrebbero evidenziato anche uno stretto collegamento di Firozpoor con l’anarchico di origine nigeriana Divine Umoru, arrestato nell’agosto 2016 a Bologna per possesso di materiale esplosivo e documentazione propedeutica al compimento di attentati.

Il movente

Gli ordigni esplosivi — tutti spediti da Genova il 5 giugno 2017, hanno precisato gli investigatori — erano stati recapitati il 7 giugno a due pm della procura di Torino: Roberto Maria Sparagna e Antonio Rinaudo (entrambi non esplosi), mentre il 12 giugno era arrivato a destinazione quello indirizzato al direttore del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Santi Consolo.

"Obiettivi emblematici", secondo gli investigatori. Roberto Sparagna, infatti, è il pm del processo "Scripta manent", conclusosi recentemente; Antonio Rinaudo, invece, è un pm torinese che ha condotto processi contro diversi anarchici. Mentre Santi Consolo e il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sono considerati "simboli della repressione carceraria e responsabili delle vicissitudini carcerarie di un detenuto anarchico", ha precisato il pm dell'inchiesta Piero Basilone.

Il "giugno pericoloso"

"Il triplice attentato esplosivo — precisano gli investigatori in una nota — si inquadrava, per tempi e modalità di esecuzione, nell’ambito della campagna d’azione lanciata dal documento istigatorio 'Per un giugno pericoloso', elaborato a Roma nell’aprile 2017 con lo scopo di sviluppare una nuova prospettiva della lotta anarchica più violenta contro la repressione. Nella medesima campagna di giugno erano stati compiuti numerosi attentati in Italia e all’estero".

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