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Cronaca

Musy: il professor Monateri e quel bigliettino intercettato

Il nome di Monateri, che non è indagato, compare nelle carte dell'inchiesta. Intercettato un biglietto: "Acerbis Nano ce l'ha insegnato: sparare agli str... non è reato"

Giovedì prossimo il rettore dell'Università di Torino, Ezio Pelizzetti, e il professore di diritto comparato, Pier Giuseppe Monateri, si incontreranno per discutere della 'vicenda Musy'. Il rischio di un provvedimento disciplinare nei confronti di Monateri è cosa reale.

Il nome del professor Monateri compare nelle carte dell'inchiesta condotta dalla Questura di Torino. Non è indagato, ma qualche sospetto è uscito allo scoperto viste alcune frasi dette dallo stesso docente e da un bigliettino intercettato da uno studente e consegnato alla Polizia. Il presunto aggressore di Musy, quel Francesco Furchì che continua a rimanere in carcere nonostante i proclama di innocenza, conosceva Monateri. Secondo quanto trapelato dalle indagini ancora in corso i due si rivolsero al consigliere comunale per convincerlo ad aiutare il figlio dell'ex ministro Salvo Andò in un concorso per una cattedra all'Università di Palermo. Musy non si lasciò convincere però.

Il nome di Monateri compare nelle carte perché, dopo che avvenne l'agguato ad Alberto Musy, in una telefonata con un conoscente ipotizzò che a sparare al consigliere comunale poteva essere stato proprio Francesco Furchì. Un'ipotesi resa ancor più esplicita in un biglietto arrivato in mano ad un suo studente: "Acerbis Nano (la marca del caso indossato dall'autore dell' agguato, ndr) ce l'ha insegnato: sparare agli str... non è reato".

Mentre si chiarirà la posizione del professore Monateri, il quale non risulta tra le persone indagate, i legali di Furchì continuano la battaglia per la scarcerazione del loro assistito. Hanno presentato ricorso al tribunale del riesame perché non ci sarebbero indizi sufficienti per tenere in custodia cautelare l'indagato. Il gip Massimo Scarabello non è stato dello stesso avviso. Quest'ultimo ha affermato che ci sono sette gravi indizi, ecco il perché della sua decisione.

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