Minorenni abbandonati di proposito a Torino per farli rientrare nei programmi di assistenza, smantellato il sistema
60 persone nei guai. “Per averne un’idea, il costo del mantenimento di ogni singolo minore è di circa 3.000 euro mensili, esclusi i costi secondari”, spiegano dagli uffici della questura e dal comando di polizia locale
Dopo due anni di indagini, la Polizia Locale di Torino e la Polizia Ferroviaria hanno delineato il fenomeno di minori stranieri non accompagnati (MSNA) di nazionalità albanese che si presentano presso luoghi istituzionali dichiarando, falsamente, il loro stato di abbandono. Dietro c’era una rete di persone (60 quelle individuate) che ora dovranno rispondere dei reati di truffa aggravata in concorso ai danni della Pubblica Amministrazione, di favoreggiamento della permanenza illegale di stranieri nello Stato, di falsa attestazione o dichiarazione a Pubblico Ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri, con pene che vanno dai 3 agli 11 anni.
Gli agenti hanno ricostruito le fasi del sistema utilizzato, che seguiva sempre lo stesso schema: “I minori giungevano in Italia via nave, aereo o autobus accompagnati, generalmente, da un genitore; una volta a Torino, venivano ospitati da parenti o amici, presenti in loco e conoscitori del territorio cittadino, che li accompagnavano nei pressi di un Ufficio di Polizia (in pochi casi direttamente all’Ufficio Minori Stranieri del Comune di Torino). Nello specifico l’accompagnatore seguendo a distanza il minore, magari fingendo di essere impegnato in una conversazione telefonica, indicava la strada per raggiungere l’Ufficio di Polizia prescelto, salvo poi allontanarsi una volta che il minore fosse stato preso in carico da parte degli operatori di polizia”.
Di qui in poi il giovane veniva inserito nei programmi di assistenza del Comune, curato fino alla maggiore età dall’Ufficio Minori Stranieri della città di Torino e riservati ai minori in difficoltà, con l’attivazione di un’accoglienza che prevede un alloggio idoneo e sicuro, nonché servizi di supporto tesi a garantire, al meglio, l’interesse superiore del minore ed il suo benessere, a partire dall’avviamento scolastico. “Per averne un’idea, il costo del mantenimento di ogni singolo minore è di circa 3.000 euro mensili, esclusi i costi secondari”, aggiungono dagli uffici della questura e dal comando di polizia locale.
Fondamentali le telecamere della stazione di Torino Porta Nuova
Le immagini delle telecamere di sicurezza della stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova si sono rivelate fondamentali per gli investigatori ai fini della ricostruzione del fenomeno e l’individuazione delle persone coinvolte: "Da una parte i minori, di età generalmente compresa tra i 15 e i 17 anni (ma vi sono stati casi di minori di 14 anni), talvolta spinti dai propri genitori a raggiungere l’Italia anche contro la propria volontà; dall’altra la rete costituita principalmente da parenti o amici presenti in loco e conoscitori del territorio cittadino. A questi di volta in volta i genitori hanno affidato i propri figli una volta entrati in Italia attraverso la frontiera marittima di Brindisi, Bari, Ancona e Venezia oppure dalla frontiera aerea di Genova e di Malpensa o, ancora, dalla frontiera terrestre di Trieste".
In un’occasione, la visione delle immagini ha consentito di individuare un accompagnatore che aveva dichiarato, falsamente, agli agenti di un Commissariato a cui ha affidato due minori, di averli incontrati per strada, abbandonati a sé stessi e di averli accompagnati soltanto per aderire alla loro richiesta di aiuto.
Tra le varie storie è significativa quella di Elin (nome di fantasia) che si era presentato presso gli Uffici della Polizia Ferroviaria della stazione di Torino “Porta Nuova” dichiarandosi minore non accompagnato. Dalle immagini di videosorveglianza gli agenti hanno visto che il minore veniva indirizzato presso gli uffici da due persone. Il ragazzo poi aveva da subito espresso la volontà di fare rientro in Albania quanto prima, palesando uno stato di disagio e angoscia anche presso la comunità ospitante. Successivamente era stato messo in atto il suo rimpatrio assistito, ad opera delle assistenti sociali dell’Ufficio Minori Stranieri del Comune di Torino, le quali sono riuscite a contattare i genitori in Albania ed a spiegare loro lo stato in cui versava il figlio. Gli agenti, nel chiedersi per quale motivo il padre di Elin avesse scelto per il figlio la città di Torino come destinazione, sono risaliti alla presenza in città di un cugino del minore, a sua volta ex minore non accompagnato, che era stato ospite di una delle comunità di Torino anni prima e, pertanto, conoscitore delle procedure.