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Cronaca

Morì in ospedale dopo le botte, "ma la colpa fu di un pasto non permesso". A processo anche il medico

Accusa più lieve per chi lo colpì

Christian Fuentes Sanchez, fattorino peruviano 40enne che perse la vita il 24 luglio 2017 all'ospedale Giovanni Bosco dopo essere stato picchiato in via Lauro Rossi, non morì a causa delle botte che gli diede Bogdan Mogos, romeno che oggi ha 27 anni e che si costituì poche ore dopo l'accaduto. Almeno questo è il parere del pm Gianfranco Colace, che ha coordinato l'inchiesta e che ha derubricato l'ipotesi di reato nei confronti dell'indagato da omicidio preterintenzionale a lesioni aggravate e che, contestualmente, ha iscritto nel registro degli indagati una dottoressa 41enne del presidio ospedaliero con l'accusa di omicidio colposo. Quest'ultima, infatti, sarebbe stata responsabile di avergli somministrato del cibo e dell'acqua, nonostante questo fosse vietato, provocandone la morte. A corroborare questa tesi vi è una consulenza disposta dal magistrato.

L'udienza preliminare si aprirà domani, lunedì 28 ottobre 2019, in tribunale. La famiglia del peruviano è assistita dall'avvocato Giuseppe Lanzavecchia, mentre Mogos è difeso dall'avvocato Wilmer Perga.

La dottoressa, invece, è assistita dall'avvocato Gianmaria Nicastro: "La somministrazione di un pasto - sostiene quest'ultimo interpellato dall'agenzia Ansa - è un atto sanitario e come tale risponde a rigorosissime procedure che sono state confermate da tutti i testimoni ascoltati nelle indagini difensive. La sorella di Fuentes dice che gli sarebbero stati serviti roast-beef e puré: una situazione che viene smentita da tre annotazioni, una nella cartella medica e due nella cartella infermieristica. Fuentes ha avuto un peggioramento neurologico, evidenziato dalla tac. Non ci sono tracce di assunzione di alimenti nell'autopsia né nello stomaco né nei polmoni, nonostante l'ipotesi di accusa sia che sia morto soffocato dal proprio vomito".

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