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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

Ragazzo vittima di omofobia scrive a Sarri: "Caro Mister, lei ha offeso anche me"

Ecco il messaggio che Stefano, il giovane di Torino aggredito sull'autobus perché omosessuale, ha indirizzato al tecnico del Napoli

Dal discusso casting di “Ciao Darwin” alla lite tra Mancini e Sarri, i temi dell’omofobia e della discriminazione sono tornati in questi giorni a riempire le prime pagine dei giornali, oltre a scatenare il dibattito sul web e nelle trasmissioni televisive.

Proprio riguardo all’episodio che ha coinvolto i due allenatori di Napoli e Inter, pubblichiamo in queste righe una lettera che un ragazzo di Torino ha indirizzato a Maurizio Sarri, tecnico del Napoli, resosi responsabile di aver insultato Mancini con un epiteto a sfondo omofobo.

Il giovane in questione è Stefano Sechi, vittima nel marzo scorso di un aggressione sull’autobus in cui fu picchiato e insultato solo perché omosessuale. Ecco il testo integrale della lettera:

Caro mister Sarri,

sono Stefano Sechi, un giovane di 22 anni di Torino. Qualche mese fa, fui avvicinato su un autobus da due ragazzi che, dopo avermi urlato "finocchio" mi presero a pugni. Non mi fecero male i cazzotti, quel dolore passa. Ma le parole che pronunciarono, urlando, perché tutti sentissero, perché tutti sapessero, quelle erano la vera umiliazione. 
Ogni giorno in Italia siamo costretti a vivere soprusi, violenze, offese: ma non basta. Non basta che questa società "civile" ci tratti sempre come rifiuti dell'umanità, feccia, gentaglia.
Non basta che dobbiamo scendere in piazza per cercare di vederci riconosciuta un po' di dignità da quelle persone che, come anche lei ha dimostrato essere col suo comportamento, sono convinte di avere una superiorità morale, etica e anche sessuale.
E' arrivato il momento di tornare a pesare le parole. Le parole possono far più male di qualsiasi pugno, e possono uccidere più di qualsiasi arma. 
Dopo questa aggressione, ho deciso di mettermi a disposizione per tutte quelle persone che come me sono state vittime di questa piaga sociale, ho anche lanciato un movimento, Omofobiastop, che è anche su facebook, e la invito a seguirlo.
Io ho cercato di dare una svolta alla mia vita, ho cercato di trasformare il vostro odio, in un punto di forza. Ma non tutti hanno la stessa mia sensibilità.
Vorrei prendere d'esempio un ragazzino di 13 anni, che era sbeffeggiato da tutti, veniva chiamato "checchina". Lui, una sera d'inverno, dopo aver visto un film sull'ibernazione, uscì di casa e si sdraiò in mezzo alla neve. Lo trovarono così la mattina dopo, addormentato per sempre. Aveva lasciato un biglietto: "Spero di svegliarmi in un mondo più gentile". 
E' per questo che la parola "finocchio" non può più scappare. 
So che una volta, nel calcio, gli allenatori venivano chiamati "maestri", perché erano un punto di riferimento per i giocatori, perché davano esempio di vita, perché avevano per tutti la parola giusta. 
Lei si sente degno di quel nome?
Io non so fino a che punto si sia pentito, ma una cosa tenevo a dirgliela, mister: non vorrei mai averla come mio "maestro", ma volevo aggiungere anche che, quel pugno, me l'ha tirato anche lei. Si senta (almeno un po') colpevole. Spero possa essere pubblicata affinchè il messaggio si diffonda il più possibile. E' ora di iniziare a pesare le parole. 

Stefano

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