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Cronaca

La mamma infermiera si difende davanti al gip: "Non volevo far male a mio figlio"

Ha dichiarato che non voleva né uccidere né far del male al proprio bimbo di 4 anni. Per il momento rimane in isolamento nel carcere delle Vallette, ma i suoi legali hanno chiesto i domiciliari

Si è ancora lontani da una soluzione per il caso dell'infermiera di 42 anni arrestata negli scorsi giorni per aver somministrato insulina al figlio malato facendolo, di fatto, peggiorare di condizione. Dopo l'arresto la donna è stata trasferita in carcere alle Vallette e lì sta in isolamento, sorvegliata 24 ore su 24 per evitare che possa compiere gesti estremi.

Davanti al gip Roberta Vicini la donna ha negato ogni accusa nei suoi confronti. Due ore di interrogatorio di garanzia che non sono serviti ad arrivare ad un punto. "Non volevo uccidere mio figlio", ha detto l'infermiera più volte. Anzi, secondo quanto affermato il suo era un tentativo disperato di far stare meglio il suo bimbo di 4 anni: questa la spiegazione del perché abbia inserito monodosi di insulina nel flacone della flebo. Identica spiegazione della donna è stata data anche dal padre della stessa.

Mentre continuano le indagini e gli accertamenti sulle condizioni del bambino, quest'ultimo ancora ricoverato all'ospedale Regina Margherita, la donna rimarrà in carcere. I suoi legali, gli avvocati Luca Dalla Tore ed Emiliana Olivieri, hanno chiesto al gip di poter passare agli arresti domiciliari, magari nella casa del padre di lei. Spunta anche una ipotesi, non confermata dagli avvocati, di richiesta di perizia psichiatrica sull'infermiera. Questa infatti, come si era subito supposto, potrebbe essere affetta da disturbo mentale chiamato "Sindrome di Münchhausen per procura" che affligge per lo più madri, spingendole ad arrecare un danno fisico al proprio figlio per attirare l'attenzione su di sé e godere della stima e dell'affetto delle persone che la circondano.

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