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Cronaca

Si impiccò in cella, agente imputato per soccorsi tardivi

Un agente di polizia penitenziaria a processo per il suicidio di Antimo Spada, esponente del clan dei casalesi impiccatosi nel carcere di Torino l'11 luglio 2010 e morto tre giorni dopo in ospedale

TORINO - Era il 2010 e nel mese di luglio un esponente del clan dei casalesi, Antimo Spada, morì all'ospedale Maria Vittoria di Torino dopo aver tentato di suicidarsi in carcere. Venne trovato con in fin di vita dopo il tentativo di impiccarsi in cella: tre giorni dopo venne dichiarato il decesso.

Era l'11 luglio e da allora sono passati quasi tre anni. In corso c'è un processo e un agente di polizia penitenziaria di 40 anni, per il pm Giancarlo Avenati Bassi, è responsabile di omicidio colposo. Secondo il pubblico ministero il poliziotto pur essendo in sala monitor, non intervenì nei 20 minuti in cui Spada, recluso nel reparto sorvegliati speciali perché aveva già tentato di togliersi la vita, aveva preparato il suicidio.

In aula sono stati ripercorsi quei minuti fatali e sono stati visti alcuni fotogrammi estrapolati dalle registrazioni delle telecamere della cella. Quell'11 luglio sarebbe andata così: alle 16 il detenuto Spada ha scritto alcune lettere alla madre e alla sorella, poi alle 16.34 ha iniziato ad armeggiare con le lenzuola del letto e si è impiccato. L'intervento del primo agente accorso è avvenuto alle 16.54, venti minuti dopo l'inizio del tentativo di suicidio.

L'avvocato dell'agente di Polizia penitenziaria imputato ha sempre negato ogni addebito. Quanto alla madre e alla sorella di Spada, si sono costituite parte civile.

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