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Cronaca

Un anno e mezzo per avere una casa popolare: in tre si riducono a vivere in un'Ape

Sfrattati, senza un tetto: un'intera famiglia vive dentro un'Ape, dal 21 febbraio. "Vorremmo incontrare il sindaco, non possiamo aspettare una casa popolare per un anno e mezzo"

TORINO - Vivere di nulla, in mezzo ad una strada, con i pochi effetti personali stipati nel bagagliaio di un’Ape. La crisi ci ha abitutato a convivere con situazioni difficili, ma raramente capitano storie come quella della famiglia L.B. La loro “casa” è tutta lì, in un’Ape: dal 21 febbraio la famiglia (tre persone) non ha un tetto sopra la testa, e in quella piccola vettura a tre ruote si mangia, si dorme, si passa il tempo; si vive.

Sembra impossibile, ma questa situazione passa inosservata agli occhi della gente. Enzo lamenta di essere rimasto solo: “La gente non ci aiuta, anche se conosce la nostra situazione – spiega – ma la cosa più grave è che siamo stati dimenticati. Ci spetterebbe una casa popolare: la gravità della nostra situazione è stata stimata con un punteggio di 17.20 su 18, come dire il massimo. Ma per l’assegnazione della casa ci è stato spiegato che dovremo attendere almeno un anno e mezzo: non possiamo vivere in un’Ape per così tanto tempo”.

Senza un aiuto, la famiglia deve vivere in strada: l’Ape serve come punto di riferimento, come legame con il loro passato. Enzo era un impegato al Comune, Domenico un piccolo commerciante. La crisi ha costretto la chiusura del negozio; lo sfratto della casa nella quale abitavano ha fatto il resto. Ora tutti e tre vivono nella periferia di Torino Nord, sciamando nei posti dove fa meno freddo: una notte sotto un portico in un giardino, un’altra nel parcheggio di un supermercato.

Ma vivere così non è possibile: Enzo è diabetico, Domenico asmatico, Francesca vive con un rene solo. Hanno bisogno di un tetto sotto cui dormire; invece, anche in questi giorni freddi, per la notte si sono arrangiati alla bell’e meglio, riposando in qualche giardino presso il quale era possibile lasciare l’Ape. Una situazione drammatica: per Domenico e Francesca, sposi da gennaio, un’altra sofferenza. E poi si aggiunge anche la cattiveria umana: qualche balordo ha dato fuoco, il mese scorso, alla loro piccola casa viaggiante; gran parte dei loro beni sono andati in fumo. «Mi sono dovuto indebitare per ricomprare un’Ape – si sfoga Enzo – Io ho lavorato 42 anni in Comune, la città si è dimenticata di me? Vorrei incontrare l’assessore o il sindaco, per esporgli la gravità della mia situazione». Domenico aggiunge: «Vorremmo essere richiamati dal Comune». Per contattare la famiglia, anche per eventuali aiuti, si può scrivere una mail alla redazione, e forniremo il numero di telefono degli interessati.

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