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Cronaca

Rifiuta di fare sesso a tre con il capo, licenziata in tronco

La storia di Elisabetta Ferrante, ingegnere di una multinazionale a Torino, raccontata a Tgcom24. "Avevo 40 anni e pensavo di far carriera grazie alle mie capacità. Rifiutai il sesso e fu la mia rovina"

Perdere il posto di lavoro per aver rifiutato una prestazione sessuale. E' quello che è capitato a Elisabetta Ferrante, ingegnere di una multinazionale di Torino, che ha raccontato la sua storia, o meglio disavventura, a Tgcom24.

Tutto inizia nel 2000 quando a lavoro arriva un nuovo direttore. Questo, senza farsi troppi problemi, inizia a fare avances alla donna, sia in pubblico che in privato. Le attenzioni però non vengono contraccambiate. Il punto di svolta della carriera lavorativa di Elisabetta arriva durante una trasferta in Olanda fatta sia con il suo superiore che con la sua amante. Il direttore le fa una proposta indecente: fare sesso a tre.

"Avevo 40 anni, due figli e pensavo di far carriera grazie alle mie capacità - racconta oggi la donna a Tgcom24 -, queste proposte non erano proprio nelle mie corde. Rifiutai il sesso e fu la mia rovina". Sì perché, stando al racconto della lavoratrice, una volta tornati a Torino si è ritrovata senza ufficio, con i documenti in un scatolone, la scrivania contro il muro e senza i progetti ai quali stava lavorando da tempo.

Il cambio improvviso e quanto mai inaspettato è stato un brutto colpo per l'ingegnere. Ma non era ancora finita la disavventura. A poco da quella trasferta olandese, la donna viene trasferita in un'altra sede. "In quel momento sono crollata - dice -: ho avuto una prima crisi di panico e mi sono smarrita con l'auto. Non dormivo e non mangiavo più. I medici del lavoro hanno capito subito che si trattava di mobbing aziendale".

Oltre il danno arriva la beffa. Visto il momento difficile entra in malattia e viene licenziata.

Elisabetta decide allora di passare all'attacco e far causa all'azienda. Nel 2008 arriva la prima vittoria: i giudici della Cassazione le danno ragione e confermano l'ipotesi di mobbing, prevedendo la reintegrazione sul posto di lavoro e un risarcimento. Questo Elisabetta dice di non averlo ancora ricevuto, nonostante siano passati cinque anni.

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