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Cronaca

L'anima della periferia torinese sta scomparendo: ecco il degrado delle cascine storiche

Le cascine storiche che hanno fatto la storia di Torino sono ormai ridotte a ruderi e sono sempre più compromesse: sono state testimoni dell'assedio del 1706, eppure la gran parte di loro versa in condizioni pietose

C'è, a Torino, un patrimonio storico e culturale di fondamentale importanza, che viene spesso dimenticato, in primis dagli stessi torinesi. Un patrimonio fatto di tradizioni, e spesso ormai di soli ricordi, rappresentato dal considerevole numero di cascine storiche che costellano tutta la periferia cittadina, specialmente quella di quartieri come Madonna di Campagna, Falchera, Villaretto: luoghi dove già i nomi rimandano ad un passato rurale che è finito soltanto l'altro ieri. Il trascorso agricolo della città si manifesta anche nel nome di quartieri più centrali, come la Crocetta, che ancora a metà Ottocento era la periferia della città.

Torino era la capitale di un regno; ma era una capitale diversa dalle altre: quando ancora era la prima città d'Italia, Torino aveva ancora una struttura agricola, ben visibile in tutti i suoi quartieri popolari. L'anima della città è stata dunque segnata da due componenti, quella militare (erede di quattro secoli di presenza di soldati e fortificazioni) e quella agricola. E che fine hanno fatto queste due anime? Quella militare, lo sappiamo bene, è svanita con l'abbattimento della Cittadella a metà Ottocento e con la perdita del ruolo di capitale; quella agricola, invece, è cessata molto più recentemente: ancora poche decine di anni fa si potevano vedere le ultime cascine attive in quartieri oggi del tutto inglobati nel contesto urbano. E cosa rimane di questa componente così importante della nostra periferia? Molto poco.

Le cascine storiche sono ridotte per lo più a ruderi. Complessi di importanza notevole, come l'antico Airale, cascina di impianto medievale, sono oggi in uno stato di abbandono così pietoso che sembra impossibile che possano tornare al loro antico splendore. Anche edifici come la Pellerina, cascina che ha dato il nome al parco più grande di Torino, sono seriamente compromessi. Per non parlare della storica e antichissima Grangia di via Ricaldone, abbattuta nel 2000 per far posto ad un centro per anziani mai realizzato (oggi ne restano solo i muri perimetrali). Ancora meno resta della Morozzo di via Sismonda, l'antico complesso dove abitò anche Nostradamus nel suo soggiorno torinese.

Per lo più, questi antichi spettri che rimangono come muti testimoni di un passato che fu ricordano ai torinesi l'epopea della Guerra di Successione Spagnola, con il celebre assedio del 1706. A Lucento e Madonna di Campagna si asserragliarono di francesi: e tracce di quella cruenta battaglia si possono rintracciare, ad esempio, alla Fossata, cascina che è sempre più compromessa, per la quale esiste però un progetto di riqualificazione. Ecco: riqualificare questi testimoni del passato. Lo si è fatto, ad esempio, con il complesso della Giajone di via Guido Reni, diventata sede della Circoscrizione Due, con la Roccafranca di via Gaidano e con la Marchesa della Pellerina. Ma se queste cascine si sono salvate, non è successo per altri monumenti, come l'Armano di corso Tirreno, l'antica La Marmora in località Falchera o lo spettacolare complesso del Drosso, castello medievale che conserva ancora le cascine che lo contornavano e che oggi attende ancora una mano pietosa che lo restauri. Il fatto di essere costruzioni di campagna non rende meno importanti queste costruzioni, simbolo della nostra periferia: forse, per poter abbracciare il suo futuro, Torino ha forse bisogno di riscoprire anche questi monumenti del suo passato più intimo.

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