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Cronaca Leinì

Leinì: Compuprint, 223 licenziamenti per far sopravvivere l'azienda

L'azienda di Leinì spiega i motivi che hanno portato alla decisione di ridurre il personale di 223 unità

L 'azienda Compuprint, citata più volte in questi giorni per via dei 223 licenziamenti programmati, ha diramato un comunicato in cui spiega il travagliato cammino che l'hanno costretta al ridimensionamento.Compuprint (allora Sferal) ha iniziato il proprio percorso a marzo 2007 attraverso una serie di investimenti compiuti all'insegna dello sviluppo di prodotti e mercati delle stampanti e anche di nuove attività. Purtroppo l'azienda ha dovuto però scontrarsi con una serie di situazioni negative e susseguitesi nel corso di questi ultimi anni. Innanzitutto una dimensione strutturale troppo costosa rispetto ai margini imposti dal mercato e ai ridotti volumi di affari. L'azienda ha quindi dovuto effettuare un ulteriore investimento per spostarsi dal sito di Caluso a quello più piccolo e meno costoso di Leinì, con l'intento di rendersi competitiva senza ledere, o ledendo il meno possibile, il personale oltre che i clienti e i fornitori.

La crisi finanziaria iniziata nel 2007 ha avuto altri risvolti negativi. Il primo effetto della crisi è stato il vertiginoso calo degli investimenti da parte delle aziende, le quali costituiscono la clientela finale Compuprint. Compuprint si è vista così dimezzare il proprio fatturato delle stampanti industriali. Anche l'evoluzione non favorevole del cliente di riferimento storico di Compuprint, IBM, che proprio pochi mesi dopo la nascita di Sferal-Compuprint nel 2007, ha ritenuto di cedere il settore stampanti alla giapponese Ricoh, la quale a sua volta sta procedendo ad una forte ristrutturazione a livello globale con il taglio di 10.000 posti di lavoro e conseguente ridimensionamento delle attività commerciali anche nel settore di interesse di Compuprint.

Anche la disincentivazione del fotovoltaico ha messo a repentaglio la produzione in Italia a favore di quella cinese, la quale opera con costi largamente inferiori e massa critica industriale e finanziaria di gran lunga superiori; il sistema bancario, che ha bloccato le erogazioni ai piani di investimenti nel momento del primo decreto legge ed è tutt'ora mal disposto a supportare investimenti in questo settore. In questi anni l'azienda ha quindi continuato a soffrire per le perdite e gli indebitamenti e, anche se supportata dalla capogruppo, ha raggiunto il punto di insostenibilità.

L'accordo raggiunto è l'unica soluzione. Questo, impedendo la chiusura dell'azienda, ne permette la sopravvivenza e quindi mantiene la speranza di un rilancio consentendo, fra le altre, di salvare l'occupazione almeno di una parte importante dei suoi lavoratori.

I preannunciati 250 licenziamenti sono stati ridotti a 223 (su 273 collaboratori). Gli ammortizzatori sociali consisteranno in un anno di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, CIGS, con possibilità di proroga di un ulteriore anno, e di successivi due-tre anni di mobilità a seconda dell'età anagrafica e rappresentano uno "scivolo" destinato a chi non potrà essere reintegrato, per favorirne il reinserimento lavorativo. Grazie a questo "scivolo" molti lavoratori potranno anche agganciare il prepensionamento. Non demorderemo relativamente al fotovoltaico, contando su di una realistica previsione di riapertura del mercato, sul sostegno del sistema bancario e sul supporto della Regione Piemonte già da tempo promesso".
 

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