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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Mafie a Torino: il quadro dei beni confiscati alla malavita

La provincia torinese risulta la patria preferita per l'investimento immobiliare delle varie cosche. Le famiglie alle quali sono state sottratte ville, appartamenti, box, terreni appartengono a potenti clan della 'ndrangheta

Per comprendere la presenza delle mafie su un territorio si possono tenere in considerazione molti fattori. Inchieste, arresti, processi e condanne ne danno il quadro della presenza criminale e della capacità della malavita di radicarsi e proliferare grazie alle svariate attività illecite. Ma c'è un altro fattore che può dare il quadro della situazione: la confisca dei beni. Dal patrimonio delle cosche è possibile conoscere il radicamento delle famiglie nelle varie zone. E se prendiamo la provincia di Torino, la loro presenza è decennale e sono i numeri e le date a confermarlo.

Chiunque si fosse stupito delle risultante dell'Operazione Minotauro dello scorso giugno lo ha fatto erroneamente. I beni confiscati nella provincia di Torino sono infatti 42 su un totale regionale di 129, ai quali si devono aggiungere 12 aziende. Naturalmente è sotto la Mole – per dimensioni della città e per la posizione strategica per gli affari criminali - a detenere il maggior numero di beni confiscati (19). Ma i patrimoni confiscati ai clan esistono un po' in tutta la provincia: Volvera, Bardonecchia, Orbassano, Carmagnola, San Benigno Canavese, Chivasso, San Sebastiano da Po, Borgaro, Volpiano, Torrazza Piemonte e in molti altri paesi. Le famiglie alle quali sono state sottratte ville, appartamenti, box, terreni appartengono a potenti clan della 'ndrangheta, perlopiù. Vedendo i dati della confisca, infatti, i nomi che si ripetono sono: Belfiore, Lo Presti, Mazzaferro, Barresi, Agresta. Nomi che hanno fatto la storia criminale all'ombra della Mole che annoverano nel loro curriculum criminale omicidi, traffico di stupefacenti, usura, riciclaggio, organizzazione di bische clandestine.

La provincia torinese risulta quindi la patria preferita per l'investimento immobiliare delle varie cosche. La 'ndrangheta – la più radicata nel nostro territorio – ma anche Cosa Nostra e Camorra ha deciso di ripulire il denaro sporco investendo nel mattone. La tecnica è semplice quanto rodata: la titolarità dei beni non è quasi mai del personaggio con precedenti o pendenze giudiziarie, ma di un prestanome fidato, magari insospettabile. La confisca dei beni è possibile grazie ad una legge del 1982, la “Rognoni – La Torre” - modificata diverse volte negli anni – che rappresenta una peculiarità nello scenario normativo italiano. Quando un soggetto viene indagato per reati di mafia, (ma anche per usura, traffico di droga), le autorità fanno partire accertamenti patrimoniali. L'iter per la confisca segue un binario diverso rispetto al dibattimento penale e sta all'imputato dimostrare che il bene è frutto di rendimenti leciti. Insomma: l'onere della prova è invertito. Il primo passo è rappresentato dal sequestro, al quale segue la confisca e l'assegnazione – grazie alla norma 109/96 – al riutilizzo a fini sociali. Ma tra il primo passo e l'effettiva assegnazione del bene passano anni tra appelli, ricorsi e burocrazia.

Nonostante tutte le difficoltà – e grazie alla collaborazione tra le istituzioni preposte e Libera – sono molti i progetti già avviati nel nostro territorio. Tra questi c'è una cascina dalle parti di Chivasso, a San Sebastiano da Po. E' in cima alla collina ed è circondata da un ettaro di terreno. Da alcuni anni è dedicata a Bruno Caccia, procuratore della Repubblica di Torino, freddato a colpi di pistola il 26 giugno 1983, proprio nel capoluogo piemontese. L'ordine di uccidere il procuratore fu dato da Domenico Belfiore, che in quel cascinale a San Sebastiano da Po viveva. Oggi ci vivono dei ragazzi dell'Associazione Acmos che portano avanti progetti di educazione alla legalità, producono miele commercializzato nel circuito di Libera Terra. Un bene, come tanti altri nella provincia Torinese, che è stato strappato dalle mani della criminalità organizzata e restituito alla cittadinanza.

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