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Cronaca Settimo Torinese

Trasferte mai fatte al posto delle retribuzioni ai lavoratori, nei guai un'azienda di Settimo Torinese

Tre misure cautelari

Avrebbero caricato trasferte mai eseguite per usufruire di un regime fiscale agevolato rispetto a quello che invece avrebbero avuto nel caso in cui ai lavoratori, come avvenuto, fossero state segnate ore di lavoro ordinario o straordinario. Nella giornata di oggi, martedì 7 settembre 2021, la guardia di finanza di Torino sta eseguendo tre misure cautelari per l’ipotesi di reato di truffa aggravata ai danni dello Stato e, relativamente a queste, il sequestro preventivo di denaro e beni per circa un milione di euro. La società di cui fanno parte, con sede operativa a Settimo Torinese, è considerata anch'essa responsabile dello stesso reato in quanto, secondo l'ipotesi accusatoria, avrebbe tratto vantaggio dalla condotta dei tre.

Nei confronti dell’amministratore di fatto sono scattati gli arresti domiciliari, mentre la misura cautelare interdittiva del divieto di svolgere attività imprenditoriale e ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche per la durata di un anno è stata disposta a carico dell’amministratore di diritto. Di rilievo è stato ritenuto anche il contributo fornito dal dipendente di uno studio di consulenza del lavoro, in relazione al quale è stata disposta la misura cautelare interdittiva della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per un periodo di un anno.

Le indagini, partite da un controllo fiscale svolto dal nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e successivamente proseguite con la direzione pm Mario Bendoni della procura di Torino, hanno consentito di individuare "un articolato sistema fraudolento - si legge in una nota - attraverso il quale gli amministratori di diritto e di fatto di una società torinese operante nel settore del commercio di macchinari avrebbero truffato l’Erario, l’Inps e l’Inail dall’anno 2015, ideando un peculiare meccanismo che permetteva di 'truccare' le buste paga con riferimento a rimborsi e indennità per trasferte, in realtà mai eseguite ma pagate al posto del lavoro ordinario e straordinario realmente svolto dai dipendenti. Su tali indennità, infatti, si applica normativamente un sistema più favorevole di tassazione e contribuzione, rispetto allo stipendio".

Il funzionamento del meccanismo, secondo quanto accertato dai militari: "Per determinare il numero delle indennità da assegnare mensilmente si faceva ricorso ad un complesso procedimento di calcolo funzionale a garantire il raggiungimento dell’importo stipendiale netto pattuito tra azienda e lavoratore, indipendentemente dall’effettuazione di attività esterne riconducibili a trasferte. Le indennità venivano, quindi, riconosciute anche al personale che svolgeva mansioni di tipo amministrativo ed erano solitamente attribuite in numero costante in tutti i mesi dell’anno, ad eccezione di dicembre e giugno (periodi in cui avviene il pagamento, rispettivamente, della tredicesima e quattordicesima) ove risultavano raddoppiate".

Sempre secondo quanto risultato dalle indagini, il meccanismo non sarebbe stato concordato con i dipendenti, ma di fatto sarebbe stato imposto: "Se avessero avanzato riserve - si legge ancora -, verosimilmente, questi non sarebbero stati assunti (qualora le rimostranze fossero emerse in fase di assunzione) o addirittura avrebbero rischiato, in costanza di rapporto, il licenziamento o le dimissioni". Oltre al danno nei confronti dello Stato e dei suoi enti, vi sarebbe quindi anche quello nei confronti di questi ultimi, che non avrebbero avuto una situazione contributiva consona alle loro mansioni.

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