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Cronaca

28 anni dopo Chernobyl alcune montagne sono ancora contaminate

In alcune limitate aree del Piemonte resta alta la contaminazione da Cesio 137, dopo il disastro di Chernobyl: punte anche di 40mila becquerel, contro i 600 del limite

Sembra incredibile, ma a quasi 18 anni di distanza dall'incidente di Chernobyl, in alcune limitate aree del Piemonte rimane alta la contaminazione da Cesio 137, il radioisotopo che si è depositato a terra nei giorni successivi al disastro nella centrale nucleare bielorussa. I rischi rimangono limitati al consumo di alcuni funghi e di selvaggina.

A rivelarlo è l'Arpa, a seguito del piano straordinario di monitoraggio condotto nel 2013 dopo che erano stati trovati altri valori di questa sostanza in alcuni cinghiali abbattuti in Val Sesia.

Le zone più contaminate si trovano nell'Alto Canavese, nelle valli di Soana e di Ceresole, poi nel Biellese, nel Verbano e in Valsesia. Il rapporto che è stato pubblicato oggi evidenzia ancora 25mila becquerel al metro quadro, arrivando a punte anche di 40mila (il limite di becquerel della "raccomandazione europea" è di 600 al metro quadro). Il monitoraggio straordinario ha coinvolto Alta Valsesia, Val Formazza e Val Vigezzo, Valle di Ceresole e Val Soana, Val Maira, Val Pellice, Monferrato e Val Susa: in tutti questi luoghi sono stati prelevati ed analizzati campioni di suolo, di acque superficiali, funghi, frutti di bosco e latte di alpeggio.

L'Arpa spiega che il quadro finale evidenzia "la presenza di maggiori livelli di Cs-137 in alcune aree dell'arco alpino piemontese nord e nord-orientale. Si tratta di livelli che, pur non dando luogo ad esposizioni significative della popolazione, possono tuttavia causare elevate contaminazioni radioattive in alcune matrici che concentrano gli isotopi radioattivi presenti nell'ambiente, quali in particolare i funghi e la selvaggina".

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