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Cronaca

Ex manager Thyssen chiede la grazia a Mattarella, contrari i familiari delle vittime

Marco Pucci sta scontando la pena a 6 anni e 3 mesi di reclusione

 Marco Pucci, ex manager dello stabilimento ThyssenKrupp condannato per il rogo in cui dieci anni fa morirono sette operai, ha scritto al Capo dello Stato Sergio Mattarella per chiedere la grazia. Dal maggio del 2016 Pucci sta scontando una condanna definitiva a sei anni e tre mesi nel carcere di Terni.

L’iter è ancora lungo e prevede l’apertura di un’istruttoria e l’invio della pratica al ministro della Giustizia e infine al presidente Mattarella dovrà decidere se concedere o meno l’atto di clemenza. Contrari alla richiesta i parenti delle vittime. “Noi non concediamo la grazia a nessuno. E nemmeno lo deve fare il presidente Mattarella” afferma la madre di uno dei sette operai morti il 6 dicembre 2007 nell’incendio divampato allo stabilimento Thyssenkrupp di Torino 

Il legale di Pucci, l’avvocato Massimo Proietti al Correre della Sera dice: “Marco Pucci ha diritto all’oblio, che va di pari passo con il diritto al perdono per una responsabilità oggettiva e non diretta. Siamo sempre stati convinti che le responsabilità di quanto accaduto dovessero essere ricercate altrove. Il mio assistito ha già pagato pesantemente fino ad oggi il suo ruolo di responsabile commerciale dell’area marketing. Ora ha diritto di intraprendere questo percorso nel silenzio ed in maniera serena, come la legge gli consente”.

Mentre in Italia il manager Marco Pucci ha chiesto la grazia, in Germania i due manager Espenhahn e Priegnitz condannati per il rogo sono ancora in libertà. Nel commentare la notizia, la Camera del Lavoro di Torino, tramite il segretario Pietro Passarino, chiede invece che il presidente Mattarella metta in atto tutte le iniziative possibili affinché i manager tedeschi scontino finalmente la pena per la morte dei lavoratori della Thyssen.

“Una triste sorpresa – ha dichiarato Rosina Platì, mamma di una delle vittime (Giuseppe Demasi) – Per noi familiari è inconcepibile: gli imputati la ‘grazia’ l’hanno già avuto quando hanno ridotto le pene nell’ultima e definitiva condanna in Cassazione. Abbiamo lottato dieci anni per avere giustizia e ancora stiamo aspettando che i dirigenti tedeschi vadano in carcere. Non accetteremo mai che possano uscire anche un’ora prima dalla prigione. Se la vita dietro le sbarre a loro sembra dura, non sanno come è la nostra vita ogni giorno senza i nostri cari…”. “Chiedo in ginocchio a Mattarella di non accettare – conclude la mamma di Giuseppe – di non uccidere di nuovo i nostri figli”. Anche gli altri familiari hanno fermamente respinto l’ipotesi di scarcerazione.

“A dieci anni dal rogo – ha detto Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro – non c’è mai pace per le vittime e per la città di Torino, irrimediabilmente sfregiata da quella tragedia. Credo che in questo periodo il presidente Mattarella abbia questioni ben più importanti da affrontare. E, soprattutto, sono convinto che la sensibilità sinora dimostrata sul tema degli infortuni sul lavoro gli farà ritenere irricevibile tale istanza. A maggior ragione ora che le morti sul lavoro stanno tornando di tragica attualità. Il caso Lamina di Milano è soltanto uno degli ultimi tristi, ripetitivi incidenti sul lavoro

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