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Morte Burzi, il procuratore generale di Torino: "Nessuna persecuzione. Correttezza nell'operato dei giudici"

Dopo le accuse del mondo politico

La tragica morte dell'ex consigliere regionale Angelo Burzi, avvenuta la notte di Natale, 25 dicembre 2021, è stata costellata di tanti commenti, da parte di altrettanti esponenti politici, in cui si è fatto riferimento, neanche troppo velatamente, a Rimborsopoli, che ha visto Burzi condannato in appello a tre anni in qualità di capogruppo. È stata la pena più alta. 

Le parole del mondo politico hanno portato il procuratore generale presso la Corte d'Appello di Torino, Francesco Saluzzo a fare chiarezza e a precisare alcuni aspetti della stessa inchiesta e delle condanne.

"Seppur con il necessario garbo, debbo intervenire sulle inaccettabili affermazioni di alcuni esponenti politici, anche passati, che hanno ritenuto di utilizzare la morte di un uomo per accuse del tutto false e contraddette dai fatti", si legge nella nota diramata dalla procura.

Per Saluzzo "la prima riguarda una estesa parzialità nell'azione della Procura della Repubblica di Torino, prima, e della Procura Generale presso la Corte di Appello di Torino dopo, e che avrebbero trattato situazioni analoghe o identiche in modo differente; par di capire a seconda del diverso colore politico. Tesi che ha spinto alcuni degli intervistati a parlare di “processo politico” e di accanimento giudiziario a senso unico, se ho ben compreso. Nulla di più lontano dal vero. I due Uffici requirenti, che hanno agito in una solida e convinta condivisione della impostazione, hanno valutato episodio per episodio, spesa per spesa, e tutte le volte nelle quali è stato individuato un legante con un’attività o una finalità politica, anche blanda, vi e stata richiesta di archiviazione o non si è proceduto alla contestazione. Nei casi nei quali quella finalità, quella caratterizzazione non è stata provata vi è stato processo e, nella più parte dei casi, condanna. E, infatti, le affermazioni di responsabilità si sono avute per i casi di spese con scopi assolutamente privati o di beneficio anche per terze persone, del tutto estranee all'attività ed all’azione politica dei singoli imputati. Così e stato per tutte, e sottolineo tutte, le persone portate al giudizio del Tribunale, poi della Corte di Appello e, nuovamente di questa, dopo la decisione della Corte di cassazione. Il criterio utilizzato, frutto di una scelta attenta, di garanzia e aderente alla lettera della legge è stato unico per tutti e per tutte le operazioni che sono state analizzate. Per nessuno è stato utilizzato un parametro differente".

E qui arriva la precisazione del procuratore: "I magistrati non hanno “nemici” e neppure “amici”. E per quanto riguarda le Procure del mio Distretto e la Procura Generale, l’affermazione, oltre che “destabilizzante” e irricevibile, è  contraddetta dal fatto che indagini e processi hanno riguardato, negli anni, esponenti politici di differenti versanti. Perché l’azione di questi Uffici è rigorosamente ancorata ai principi ed alle garanzie costituzionali, alla imparzialità ed alla assoluta indipendenza. Poi, certo, deve anche essere accettata la voce e la mano pesante della legge. Di quelle leggi scritte dalle stesse persone che oggi additano “lo scandalo”, quando le regole vengono violate. Sicché userei maggiore prudenza nel fare e veicolare affermazioni che gettano discredito e potrebbero costituire anche vilipenditi dell’ordine giudiziario".

Saluzzo arriva poi a spiegare il "caso Burzi": "Il secondo punto riguarda la posizione di Burzi; si è tentato di accreditare l’idea di una persecuzione giudiziaria nei suoi confronti e di una "coerenza" delle sue spese e di quelle che lui aveva autorizzato come capogruppo del suo movimento politico con le previsioni che vogliono rimborsabili le spese "per la politica". Non è così: l’ing. Burzi (che non ha mai "subito" perquisizioni, a differenza di quanto si legge) aveva "patteggiato" una pena di oltre un anno di reclusione per una serie di ipotesi che, evidentemente, non riteneva di poter contestare, pur rivendicando, in più occasioni, la correttezza complessiva del suo operato: spese che riguardavano sia alcune sue proprie sia spese autorizzate a beneficio di altri consiglieri del suo gruppo politico. Spese, soprattutto queste ultime, assolutamente non giustificabili e non riferibili a quel parametro del quale sopra ho scritto. La recente condanna della Corte di appello di Torino, non è intervenuta sul patteggiamento che era divenuto definitivo dal 23 gennaio 2020 ma sulla base di quanto aveva disposto la Corte di Cassazione, che ha rivalutato quattro ipotesi cli reato -e per esse vi è stata condanna- ed ha provveduto ad un "ricalcolo" della pena ed alla applicazione di un aumento per effetto della continuazione con quattro e diverse ipotesi di reato contestate. È poi bravissimo coinvolgere i Giudici nell’accusa di parzialità, come se le prospettazioni di un’accusa "parziale" nella sua azione trovassero facilmente la condivisione di numerosi Collegi giudicanti e della stessa Corte di cassazione che ha confermato la maggior parte delle decisioni di condanna e, per alcuni, ha rinviato al Giudice di appello per la rideterminazione della pena o per altre questioni tecniche. Debbo anche osservare come gli esponenti politici coinvolti non abbiano neppure mostrato di voler prendere atto della irregolarità delle loro condotte, frutto di anni di prassi illegali, per operare una "svolta" all’interno del processo. Anzi, hanno orogliosamente rivendicato la correttezza del loro operato, anche quando la realtà dei fatti denunciava un uso di risorse pubbliche per fini personali, anche di basso e assai discutibile profilo".

Saluzzo conclude il suo pensiero parlando di dover ristabilire "la verità e l’obiettività delle vicende e delle dinamiche. E nelle dinamiche processuali vi è anche la diversa valutazione del giudice, soprattutto di appello, che non deve essere apprezzato ed applaudito solo quando assolve o riduce le pene".

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