"No qui, no là", per l'Eurovision ci mettiamo l'anima in pace?
Gli ambientalisti scrivono al sindaco Lo Russo
Abbiamo i No Tav da una vita, i No Vax, i No Green Pass e ora, novità last minute, i No Eurovision. A voler essere precisi, non è esattamente così, ma non ci siamo tanto distanti. Le associazioni ambientaliste hanno infatti scritto al sindaco di Torino Stefano Lo Russo, agli assessori e alla Soprintendenza Architettonica e Paesaggistica per chiedere di ripensare a una nuova sede per l'Eurovillage che, secondo le ultime voci, verrà allestito - in occasione dell'Eurovision Song Contest a maggio - al Parco del Valentino, nel cuore verde della città. L'Eurovillage prevederebbe infatti, la collocazione di due aree: una nella scenografica cornice del Castello e l'altra, con tanto di palcoscenico, all'interno del parco stesso.
Un'idea che dovrebbe piacere ai più, ma che non va giù agli ambientalisti, già in allarme. Mai si sarebbero aspettati un ritorno dei grandi eventi nel parco più famoso della città, dopo l'esperienza - in seguito accantonata e non più ripetuta - del Salone dell'Auto. Il timore infatti è quello che il parco, che si specchia lungo le rive del Po, sia preso d'assalto da 10mila persone (questa è la stima dei numeri), rischiando di essere sottoposto a un'eccessiva fruizione, con sproporzionata usura del manto erboso e del patrimonio arboreo e installazione di attrezzature impattanti per il suo contesto. Per non parlare del problema del traffico: la mancanza di parcheggi in zona renderebbe difficile la gestione di grandi flussi di gente, dando facilmente luogo a un grande caos.
"Perchè non Parco Dora con la sua tettoia dello strippaggio, il Parco della Pellerina o Piazza d'Armi? - chiedono gli ambientalisti - Perchè proprio il parco del Valentino che è un parco storico di pregio, non adatto a essere trasformato in uno spazio puramente fieristico e commerciale?".
Non sappiamo cosa risponderà il sindaco Lo Russo a questo interrogativo, ma forse noi diremmo che in ogni caso, in quei giorni a Torino, gli ingorghi stradali, lo spettacolo poco gratificante dei gabinetti chimici, i cestini e i cassonetti pieni di rifiuti, i chioschi di bibite e la puzza - o il profumo, dipende sempre dai punti di vista - di hamburger e patatine fritte non saranno un così grosso problema, ma solo il segno che la città è ancora viva.
Dopo la clausura di due anni per la pandemia e un lungo periodo in cui a Torino i grandi eventi si sono praticamente volatilizzati, poco importerà se ci sarà confusione, se saremo costretti a qualche coda in macchina e se magari il prato del parco, per qualche giorno, non sarà come l'erba perfetta del più chic dei campi da golf. Insomma, confidando sempre nel senso civico delle (comunque sia) migliaia di persone che dal 10 al 14 maggio invaderanno la città, se si sporca si pulirà, se si rompe, si aggiusterà. Ma Torino ora ha bisogno di rinascere. Mettiamoci l'anima in pace.