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Come avere un guardaroba amico dell'ambiente: i 10 capi da indossare

Per un armadio "plastic free"

Un capo su due nel nostro armadio è nemico dell'ambiente. Lo evidenzia uno studio pubblicato dalla BBC che sottolinea come milioni di persone ogni giorno indossino capi composti in poliestere, acrilico, nylon ed elastan.

La plastica è presente nel 49% dei prodotti presi in esame. Le fibre sintetiche sono versatili e durevoli ma richiedono enormi quantità di energia per essere prodotte e contribuiscono in maniera significativa al rilascio di microplastiche nell’acqua, nell’aria e, di conseguenza, anche nel nostro organismo.

Si comprano vestiti sempre nuovi e questi vengono gettati al minimo segno di usura richiedendo tempi di smaltimento dei tessuti decisamente meno rapidi.

Il Financial Times mette in luce che anche la scelta di optare per vestiti in plastica riciclata sia in realtà una soluzione che porta a danni maggiori rispetto ai benefici.  La plastica che viene usata per i capi di abbigliamento non può essere nuovamente riciclata e termina così il suo ciclo di vita.

Non sarà evitato neppure il problema delle microplastiche che verranno rilasciate comunque durante la produzione, il lavaggio o lo smaltimento delle fibre sintetiche.

Anche i materiali in PU, comunemente conosciuti come "in finta pelle", secondo la rivista scientifica Popular Science, sono realizzati con polimeri termoplastici o PVC.

Questi materiali richiedono grandi quantità di acqua e prodotti chimici.

Le alternative sostenibili 

Ma quali sono le alternative a disposizione per creare un guardaroba sostenibile? Secondo Annalisa De Piano, co-fondatrice di Be Green Tannery, conceria campana fortemente orientata alla sostenibilità, una possibile via è scegliere materiali in grado di durare nel tempo e che, una volta giunti al loro fine vita, abbiano il minor impatto possibile sull’ambiente: “Spesso alla pelle vengono attribuite molteplici responsabilità: dall’etica derivante dall’utilizzo di animali, al consumo di risorse per poter sostenere gli allevamenti fino all’inquinamento delle industrie conciarie. Di conseguenza, la pelle viene etichettata come non sostenibile, mentre non è affatto così. Innanzitutto, il settore conciario è il primo anello di un'economia circolare: quello che facciamo, infatti, è nobilitare un prodotto di scarto dell'industria alimentare. Con o senza l’industria conciaria, infatti, la macellazione di certo non calerà. Recuperando e lavorando la pelle di scarto, evitiamo che si trasformi in un rifiuto inquinante, pericoloso per l'ambiente e per la nostra salute, donandogli una seconda vita. E nel nostro caso addirittura una terza dal momento che, non contenendo metalli pesanti, le ceneri derivanti dai prodotti a marchio Be Green Tannery generano un compost inerme dalle molteplici applicabilità”.

Non solo pelle però, anche l’industria tessile si sta mobilitando. Per farlo, c’è chi ha scelto di non investire su soluzioni futuristiche, ma fare un passo indietro e prendere le mosse dalla natura: come racconta la BBC, partendo dall’osservazione delle foglie di loto, in Svezia è stato creato un tessuto naturale e idrorepellente, che permette di evitare l’utilizzo di prodotti chimici per creare impermeabili. Buone notizie arrivano anche dall’India: secondo Al Jazeera il Paese asiatico sta investendo sulla juta, un materiale per anni considerato povero, ma che da qualche altro viene guardato con favore anche dalle grandi case di moda. I vantaggi? Un ettaro di colture di juta assorbe 15 tonnellate di anidride carbonica e rilascia 11 tonnellate di ossigeno in una sola stagione, aiutando a pulire l’aria. Inoltre, a differenza del cotone, richiede una quantità d’acqua inferiore. “Occorre andare oltre l’idea che la sostenibilità nel mondo della moda sia solo una tendenza passeggera – prosegue Annalisa De Piano – Dobbiamo agire subito facendo scelte più responsabili non solo quando si fa la spesa, ma anche quando si acquista un capo. Spesso non si vede quanto lavoro ci sia dietro a un prodotto sostenibile: attenzione all’ambiente e alle persone che lo realizzano, utilizzo di energie rinnovabili e tanto altro”. 

Quello dell’inquinamento derivante dalla plastica è un fenomeno che potrebbe addirittura triplicare nei prossimi vent’anni e che riguarda ormai ogni angolo del globo: secondo la rivista Nature, infatti, nell’oceano Artico si concentrano 40 particelle di microplastiche per metro cubo; di queste, la stragrande maggioranza provengono dal poliestere. Un problema a cui contribuisce anche il settore dell’abbigliamento: secondo uno studio svolto da alcuni ricercatori dell’Università della California e pubblicato nel 2020, sono ben 167 mila le tonnellate di fibre plastiche che vengono riversate nei mari come conseguenza dei lavaggi di abiti a mano o in lavatrice. Per limitare questo fenomeno, la rivista National Geographic consiglia di non superare la temperatura di 30° e privilegiare il detersivo liquido, poiché quello in polvere ha un effetto abrasivo sulle fibre. E non bisogna dimenticare che la plastica non è dannosa solo per l’ambiente, ma anche per la salute: una recente ricerca elaborata da dall’Università di New York e pubblicata sulla rivista Environmental Pollution, ha dimostrato il legame tra alcuni decessi prematuri e l’esposizione agli ftalati (composti chimici impiegati soprattutto per la produzione del PVC). 

Come dire addio alla plastica: 10 tessuti da indossare

Ecco, infine, i 10 materiali da indossare per un armadio plastic free:

  1. La juta: materiale povero, ma sempre più in voga, è in grado di assorbire 15 tonnellate di anidride carbonica e ne rilascia 11 di ossigeno in una sola stagione, aiutando a pulire l’aria.
  2. La pelle: realizzata a partire da prodotti di scarto, si inserisce all’interno di un’economia di riciclo. Attenzione però a scegliere pelle metal free, con un basso impatto sull’ambiente.
  3. I prodotti che prendono le mosse della natura: per evitare le materie plastiche, è possibile osservare la natura. Un esempio? Un prodotto che, ispirandosi alle foglie di loto, permette di realizzare capi idrorepellenti.
  4. Il lyocell: una fibra tessile estratta dalla cellulosa della pianta di eucalipto.
  5. I materiali tinti con coloranti naturali: come ricorda il Financial Times, molti stilisti stanno tornando alle origini utilizzando coloranti vegetali per tingere i tessuti, così come si faceva fino a metà del XIX secolo. Un metodo molto meno inquinante.
  6. I denti di seppia: i ricercatori della Penn State University, sono riusciti a scoprire l’enorme potenziale di questa parte del mollusco che, grazie alle proteine che la compongono, è molto simile alla seta.
  7. Il caffè: come riporta la versione inglese di Fashion United, una creativa startup finlandese è riuscita a realizzare scarpe da tennis utilizzando i fondi del caffè. Ogni paio è composto da 21 tazze.
  8. Il cupro: come riporta El País, è uno dei materiali di tendenza per la prossima stagione. Le sue origini rimontano al 1987 ed è realizzato con materie prime riciclate come il cotone.
  9. Il lino: un materiale comodo, versatile e soprattutto biodegradabile composto per il 70% da cellulosa.
  10. La canna da zucchero: utilizzato per i vestiti e, da poco anche per le mascherine. Un’azienda di Taiwan, infatti, è riuscita a dare vita a dispositivi di protezione individuale proprio con questo materiale naturale.
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